“Black widows”, le vedove nere del clan Emanuele-Maiolo

Armi nascoste nella biancheria intima per eludere i controlli, dialoghi dai quali emerge una lucida e smisurata sete di sangue e di vendetta. L’operazione sulla faida della Preserre vibonesi ha aperto uno squarcio di luce sul ruolo delle donne nella lotta fra i due gruppi criminali
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di Loredana Colloca
9 aprile 2018
12:45
foto di repertorio
foto di repertorio

Feroci e pronte a tutto pur di difendere i loro uomini e l’interesse del clan. È un ruolo di primo piano quello giocato dalle donne nell’ambito della sanguinosa faida che da anni stringe le Preserre vibonesi in una morsa di sangue e rancore. Sorelle e madri il cui contributo, emerso nel corso dell’operazione "Black widows" messa a segno dalla squadra mobile di Vibo Valentia e coordinata dalla Procura antimafia di Catanzaro, ha consentito ai componenti del clan di perpetrare aggressioni e spietate esecuzioni.

 


E secondo gli inquirenti era soprattutto la sete di vendetta a muovere le donne del clan. Nella faida tra le famiglie Loielo ed Emanuele-Maiolo di Sorianello, nel Vibonese, erano loro ad alimentare la faida aizzando i maschi alla rappresaglia. E tra le sette persone fermate spiccano i nomi di Viola e Rosa Inzillo, di 52 e 49 anni, sorelle di Salvatore Inzillo, ucciso in un agguato nel giugno del 2017. Vere e proprie "vedove nere" disposte a tutto pur di lavare il sangue del fratello morto con altro sangue. In una occasione, le due sorelle, avrebbero addirittura indotto l’anziana madre ad occultare una pistola nel reggiseno al fine di evitare i controlli delle forze dell’ordine.

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