Primo giorno

Bombardieri riparte da Torino e detta la linea: «Indagini serratte sui patti tra ’ndrangheta e amministratori»

Il neo procuratore si è insediato al timone degli uffici giudiziari e ha rilanciato il tema del sostegno a chi denuncia: «Non è più tempo di girarsi dall’altra parte»

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di Redazione Cronaca
17 settembre 2024
17:24
Giovanni Bombardieri
Giovanni Bombardieri

Per il neo procuratore generale Lucia Musti è «l’uomo giusto al posto giusto». Il discorso d’insediamento del nuovo procuratore capo di Torino Giovanni Bombardieri sembra dare ragione alla collega. Completo blu, camicia bianca e cravatta regimental sotto la toga, Bombardieri esordisce citando i suoi predecessori: «Bruno Caccia, Marcello Maddalena, Giancarlo Caselli, Armando Spataro e in ultimo la procuratrice Anna Maria Loreto, tutti magistrati che hanno dato grande lustro alla magistratura e nel cui solco di duro e determinato contrasto alla criminalità organizzata e a ogni criminalità, senza sconti per alcuno, intendo svolgere il mio nuovo incarico».

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Il magistrato di Riace, 61 anni, arriva dall’esperienza alla Dda di Reggio Calabria e inizia il proprio percorso in una delle città del Nord più inquinate dalle infiltrazioni della ’ndrangheta. Bombardieri si sofferma su uno dei temi cardine del suo mandato a Reggio: «È importante capire che non è più tempo di girarsi dall’altra parte ma è ora di stare vicino a chi denuncia. Se non tutti hanno il coraggio di denunciare, tutti hanno il dovere di non abbandonare chi denuncia. Troppe volte ho sentito testimoni di giustizia e denuncianti affermare di essere stati lasciati soli, non dalle istituzioni, ma dalla gente comune, da coloro che ritenevano amici e che per timore hanno voltato loro le spalle».


Poi un’altra sottolineatura sulla «necessità di garantire i diritti di tutti i cittadini a fronte di amministratori che utilizzano la loro funzione a fini personali, non esitando a stringere patti scellerati con le mafie». Sarà, questa, «una priorità di questa procura nella fondata convinzione della necessità di non generalizzare. Di perseguire le singole condotte penalmente rilevanti, senza moralismi e senza omissioni». C’è dunque il secondo o terzo livello delle mafie tra le priorità (oltre «al contrasto dei reati economici e alla lotta all’eversione, alla tutela delle fasce deboli e alla lotta contro la violenza di genere») del nuovo corso.

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