Venticinque anni dal martirio di Don Puglisi: «Un prete autentico, mise in crisi la mafia stragista»

Il 15 settembre il Papa è atteso in Sicilia per l’anniversario dell’uccisione del grande sacerdote del Brancaccio di Palermo. Il vescovo della diocesi di Catanzaro-Squillace Bertolone, postulatore della causa di beatificazione in una intervista contenuta nell’inserto siciliano di Repubblica si sofferma sulla figura del sacerdote che sorrise al suo killer prima di essere ucciso. «E' pietra sulla quale costruire la nuova identità dei preti» - ha affermato il presule

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di Pa. Mo.
11 settembre 2018
21:31

Grande fermento in Sicilia per l’attesa visita del Papa nel 25° anniversario del martirio del Beato don Pino Puglisi, il sacerdote del quartiere Brancaccio massacrato dalla mafia il 15 settembre del 1993 a Palermo e beatificato il 25 maggio 2013. Si racconta che Don Pino sorrise al killer che gli sparò sotto casa. Nella giornata della visita del Papa, il 15 settembre, c’è un pezzo di Calabria in questa visita pastorale in terra di Sicilia del Sommo Pontefice. È quella di monsignor Vincenzo Bertolone, Arcivescovo di Catanzaro-Squillace ePresidente della Conferenza Episcopale Calabra, il quale è  stato il postulatore della causa che ha portato al riconoscimento del martirio di don Pino.Il presule della diocesi calabrese in una intervista a  Salvo Palazzolo per Repubblica ne delinea il profilo con alcune affermazioni importanti. «Padre Puglisi non aveva né i toni, né la veste del rivoluzionario, ancor meno del professionista dell’antimafia – esordisce il vescovo di Catanzaro/Squillace - «Quella straordinaria normalità di un prete, in un quartiere che aveva il suo unico dio nei boss, era motivo di disturbo».

Bertolone prosegue affermando che «il sacrificio di Don Puglisi è pietra sulla quale costruire la nuova identità dei preti ma anche per coloro che pur lontani dalla Chiesa e dalle chiese, intendono praticare la legalità. Ed anche in questo caso Puglisi non lancia messaggi da eroe, ma invita alla coerenza ed al senso di responsabilità; esorta a fare con umiltà e fino in fondo il proprio dovere, in famiglia come in politica e sui luoghi di lavoro».  In conclusione della sua intervista a Repubblica, Monsignor Bertolone, incalzato dal collega Palazzolo, si sofferma sui tanti simboli dell’antimafia finiti  nella bufera. «Diceva don Puglisi: “È importante parlare di mafia, soprattutto nelle scuole, per combattere contro la mentalità mafiosa. Non ci si fermi però ai cortei, alle denunce, alle proteste”. «E così dicendo anticipavaanche in questo caso i tempi, ponendo in evidenza il triste fenomeno dell’antimafia di professione, già denunciato da Sciascia e di recente stigmatizzato anche da magistrati inappuntabili come il procuratore di Palermo Lo Voi ed il procuratore di Catanzaro Gratteri. Puglisi –ha concluso Monsignor Bertolone- ha dimostrato che si può far molto, forse anche di più, nel silenzio e con l’umiltà, purché con coerenza e dignità non si rinunci mai a compiere per intero il proprio dovere».


Pa. Mo.

Giornalista
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