'Alessandro non abbassò mai la testa'

Si apre il dibattimento al processo per la violenza privata al giornalista Bozzo, morto suicida nel 2013. Primi a deporre Pietro Comito, Antonella Garofalo e Francesco Graziadio. Parti civili il padre Franco e l'ordine dei giornalisti
di Redazione
13 ottobre 2015
16:14

"Alessandro non accettava di sottomettersi". "Alessandro era un professionista scomodo per la proprietà". "Alessandro era uno che ragionava con la sua testa".


Nell'aula 7 del Tribunale di Cosenza sfilano gli ex colleghi di Alessandro Bozzo, il giornalista di Calabria Ora suicidatosi il 15 marzo del 2013. Dopo diversi rinvii, si apre così l'istruttoria dibattimentale del processo che vede imputato l'editore Pietro Citrigno, al quale è contestata la violenza privata nei confronti dello stesso Alessandro Bozzo, costretto a dimettersi dal giornale per accettare un contratto a condizioni peggiorative, accettando quella che lo stesso giornalista - prima di uccidersi con un colpo di pistola - definì "un'estorsione".



Ammessa la costituzione di parte civile del padre della vittima, Franco, presente in aula assieme alla madre e alla sorella di Alessandro e a una delegazione di Libera. Ammessa la costituzione di parte civile anche dell'Ordine dei giornalisti.
Primo a salire sul banco dei testimoni, l'ex caposervizio di Calabria Ora, a Vibo, Reggio e Catanzaro, e attuale direttore responsabile dell'emittente televisiva LaC, Pietro Comito. Rispondendo alle domande del pm Maria Francesca Cerchiara, Comito ha ricostruito i diversi passaggi societari e la storia di Calabria Ora, indicando in Citrigno "il padrone", la cui ingerenza era continua e totale, tanto sulle questioni contrattuali e amministrative quanto in quelle editoriali e di stretta competenza dei direttori e dei giornalisti, oggetto di continue pressioni per tutelare gli "amici" dell'editore o, viceversa, oscurare o attaccare i "nemici".


In questo contesto "Alessandro Bozzo - ha spiegato il teste - ha sempre ragionato con la sua testa, mantenendo sempre fede alla sua etica di uomo e di giornalista". Per questo motivo entrò nella "lista nera" dell'editore. Drammatico il racconto di Pietro Comito sulla vita dei giornalisti. "Nessuno - ha detto - riesce a capire un giornalista, che vive magari la sua vita tra omicidi, fatti di cronaca nera da raccontare, processi di mafia, minacce, azioni giudiziarie pretestuose da cui difendersi. Ti senti perennemente solo e incompreso. Il lavoro dovrebbe essere un rifugio, per noi invece era diventato un incubo. Poi, quando ti accorgi che sei un padre o un marito assente, quando ti accorgi che non hai più una vita, o che la tua vita è un tormento come quella che abbiamo conosciuto a Calabria Ora, è troppo tardi. Vale per tutti noi e vale anche per Alessandro".


A seguire la deposizione della giornalista Antonella Garofalo, che per tre anni ha vissuto, in redazione, fianco a fianco ad Alessandro Bozzo. "Era scomodo - ha spiegato - perché lui scriveva la verità e questo non andava bene all'editore. Per questo, all'improvviso, fu trasferito dalla politica alla cronaca giudiziaria". In aula è stato evidenziato come si deve ad Alessandro Bozzo la salvezza di Calabria Ora dopo le dimissioni di Paolo Pollichieni, nel luglio 2010, e della spina dorsale del giornale. Ci si aspettava che col nuovo direttore, Piero Sansonetti, diventasse caporedattore, infine si ventilò la possibilità che diventasse caposervizio di Cosenza. "Però - ha raccontato la testimone - gli fu preferito un collega molto più giovane e inesperto e lui rimase molto provato da questo".


Che Bozzo fosse un giornalista scomodo per la proprietà, l'ha rIbadito in aula anche Francesco Graziadio, già vicecaporedattore sotto la direzione di Paolo Pollichieni. "Un giorno sì e l'altro pure - ha evidenziato Graziadio - Citrigno ci chiedeva la testa di Alessandro. Perché? Perchè, diceva Citrigno, Alessandro non capiva come funzionava il sistema, non aveva capito che doveva abbassare la testa. Ma Alessandro la testa non l'abbassò mai".   

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