«Il coronavirus ti condanna alla solitudine», la disperazione del cuoco emigrante

VIDEO | La storia di uomo in isolamento senza assistenza nella sua casa di Nicotera, costretto a fare i conti con il Covid-19 contratto in Val d’Aosta dove lavora

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di Cristina Iannuzzi
7 aprile 2020
19:35

Lui è Cesare Raimondo: 61 anni, professione cuoco. Ha lavorato in Val d’Aosta fino ai primi di marzo. Quando è scoppiata l’emergenza coronavirus è rimasto senza impiego. Ha quindi deciso di noleggiare un’auto - insieme ad altri suoi conterranei - e di scendere in Calabria, nella sua Nicotera. Durante il viaggio ha cominciato ad accusare i primi sintomi.

Dal 12 marzo combatte contro il nemico invisibile. In solitudine.  «Isolato nella sua abitazione», dice. Sua moglie si è trasferita dalla mamma per evitare di essere contagiata. Contatta la nostra redazione per denunciare ciò che sta passando. Si sente abbandonato da tutti, dalle istituzioni in primo luogo.


 

«Senza cibo e medicine, nonostante le continua telefonate alla Protezione civile. Sa come mi hanno risposo? "Abbiamo paura"».

Ci mostra la spazzatura, stipata in un angolo della cucina diversi sacchi pieni che nessuno è andato a ritirare. Sono rifiuti potenzialmente infetti, che vanno prelevati con un servizio specializzato.

Il secondo tampone effettuato dal sindaco Pino Marasco in persona, nella sua qualità di infermiere, ha dato esito negativo. «Le uniche visite. Poi il silenzio totale. Nessuno che si sia preoccupato di chiedermi come stavo…», dice amareggiato. 

 

L'incubo per Cesare sta per finire, ma non dimenticherà gli insulti sui social, non dimenticherà le falsità e la cattiveria riversate sul suo conto. Non dimenticherà quella caccia all’untore. E soprattutto non dimenticherà, quell’uomo buono, il signor Nino, il suo vicino di casa, l'unico che gli è stato accanto in questi momenti. L’unico che ogni giorno lo chiama e gli porta le medicine. «A lui devo tanto», commenta con le lacrime agli occhi.

 

Una volta dichiarato guarito riabbraccerà i figli e i nipoti che non vede da quattro mesi. Si commuove mentre pensa a loro. «Ragazzi, non è uno scherzo questo coronavirus. Restate a casa. Non uscite. Quando la malattia arriva ti costringe alla solitudine. Resti solo proprio nel momento in cui vorresti l'affetto dei tuoi cari. Solo nel momento in cui vorresti che qualcuno si prendesse cura di te. Solo e impotente davanti a un virus che ti toglie salute e dignità».

Giornalista
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