Scenario criminale

’Ndrangheta (ancora) padrona del narcotraffico: «Ha broker operativi in Sud America e una montagna di soldi»

Nella relazione annuale dei servizi antidroga confermato il ruolo egemone dei clan calabresi. Cosa nostra e camorra fanno riferimento alla capacità di gestione delle ’ndrine

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di Redazione Cronaca
8 ottobre 2024
16:04

Nel 2023, si è rafforzato il ruolo egemone della ‘ndrangheta nel narcotraffico, che ha rappresentato nuovamente l’organizzazione mafiosa italiana più insidiosa e pervasiva, nonché uno dei più potenti e pericolosi sodalizi criminali al mondo, contraddistinto da una pronunciata tendenza all’espansione su scala nazionale e internazionale. È quanto si legge nelle Relazione annuale Dcsa, Direzione centrale servizi antidroga 2024, su dati del 2023. Grazie alla presenza di propri esponenti e broker operativi nei luoghi di produzione e nelle aree di stoccaggio temporaneo delle droghe situate in Europa, è l’organizzazione criminale più influente nel traffico della cocaina proveniente dal Sud America. La disponibilità di ingenti capitali di provenienza illecita e una spiccata capacità di gestione dei diversi segmenti e snodi del traffico le hanno permesso, nel tempo, di consolidare un ruolo rilevante nel narcotraffico internazionale, al quale altre reti criminali fanno riferimento per l’approvvigionamento della cocaina da destinare ai mercati di consumo.

Per quanto riguarda l’organizzazione mafiosa cosa nostra, le indagini hanno attestato una sua persistente vitalità, un reiterato interesse per il traffico di stupefacenti, una notevole capacità di adattamento ai mutamenti di contesto e un approccio pragmatico al redditizio business del traffico di droga, che genera enormi introiti a fronte di minori rischi rispetto ad altri reati tipicamente mafiosi che di norma richiedono un elevato controllo del territorio, come ad esempio le estorsioni. È stata proprio l’efficace azione di contrasto svolta dalle Forze di polizia contro il fenomeno estorsivo ad aver spinto le principali famiglie mafiose a recuperare il traffico delle sostanze stupefacenti quale voce fondamentale del bilancio criminale, sebbene in posizione di subalternità rispetto alle organizzazioni di tipo mafioso calabresi e campane sia per l’approvvigionamento dai Paesi produttori sia per l’importazione e la distribuzione sul territorio nazionale. Le indagini più recenti lasciano ipotizzare, tuttavia, l’avvio di una nuova fase dell’impegno di cosa nostra nel narcotraffico, caratterizzata dall’individuazione di canali di rifornimento da gestire autonomamente attraverso una propria struttura logistica, in modo da eliminare il ricorso alla partnership.


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Non è escluso, però, che le attività investigative possano subire ripercussioni negative in relazione al livello di complessità raggiunto dal narcotraffico all’interno di Cosa nostra, essendo stata accertata la presenza di un numero molto consistente di soggetti coinvolti nelle diverse fasi del ciclo della droga, dall’approvvigionamento presso i fornitori fino allo spaccio al dettaglio. Anche la camorra ha proseguito la sua attività di importazione di stupefacenti, soprattutto hashish e cocaina, sfruttando per un verso le proprie proiezioni operative in Spagna e nei Paesi del Sud America, in Africa e nella penisola arabica, per l’altro verso la stretta collaborazione con le cosche calabresi. Dalle indagini più recenti emergono accordi e alleanze intrecciate con i trafficanti sia sudamericani che olandesi di origine marocchina attivi nei porti di Rotterdam (Olanda) e Anversa (Belgio). La “fluidità criminale” è sicuramente un elemento caratterizzante delle organizzazioni di camorra, un universo di clan e di gruppi spesso in conflitto tra loro per la gestione delle attività illecite sul territorio, dove si contendono le piazze di spaccio. La coesistenza nella stessa regione di gruppi criminali diversi per storia, struttura e scelte operative dà spesso vita a imprevedibili, quanto fragili, alleanze per il controllo delle aree di influenza. Ne conseguono equilibri precari, che vedono le leadership di alcuni clan in conflitto quasi perenne tra loro per l’acquisizione della totale egemonia sul territorio. Tale configurazione influisce anche sulle attività criminali legate alla droga. Le piazze si avvalgono del contributo di decine di affiliati, uomini e donne, tra capi piazza, pusher, pali, vedette, tra i quali giovani e giovanissimi, organizzati con turni regolari che assicurano la vendita di ogni tipo di stupefacente per 24 ore al giorno, procurando ai clan fatturati milionari.

Si tratta di un modello criminale di forte penetrazione nel tessuto sociale di riferimento, che assicura ricambio di manovalanza e fidelizzazione anche solo tramite condotte emulative. In questo contesto anche la pubblicizzazione di alcuni cantanti neomelodici e trap, con l’apprezzamento dei contenuti delle canzoni tramite messaggi inviati da esponenti, anche giovanissimi, dei clan è un sistema per ostentare l’agiatezza e le ricchezze che ruotano intorno al mondo dello spaccio di stupefacenti, senza escludere l’ulteriore funzione promozionale e divulgativa finalizzata al reclutamento di nuove leve e al procacciamento di nuovi clienti per le piazze di spaccio.

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Le organizzazioni criminali pugliesi restano distinte sulla base delle zone geografiche in cui operano: la “mafia foggiana”, nelle diverse espressioni della “società foggiana”, della “mafia garganica” e della “malavita cerignolana”; la “criminalità barese”, predominante nel capoluogo di regione, e la “sacra corona unita”, tuttora radicata nel Salento. Insieme hanno continuato a rappresentare un multiforme, eterogeneo e difficilmente classificabile universo criminale, caratterizzato anche dall’assenza di leadership.

Tutti questi fattori sono alla base della struttura frammentaria e mutevole delle consorterie pugliesi, incentrata sulla presenza di fazioni, e della loro composizione prevalentemente familiare. Al loro interno spicca la posizione sempre di maggiore spessore ricoperta dalle figure femminili, quasi sovraordinate rispetto agli altri consociati. Questa configurazione ha inciso anche sulla conduzione dei traffici e dello spaccio da parte dei clan pugliesi, con ruoli talora autonomi e talora “di servizio” nei confronti di gruppi criminali di diversa estrazione territoriale, anche mafiosi. E spesso con non rare, violente frizioni per il controllo delle piazze.

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