Ambiente

La grave crisi della montagna calabrese, Bussone: «La Regione deve crederci e smetterla di dare fondi a pioggia»

Il presidente dell'Uncem, Marco Bussone: «Dieci anni fa hanno maldestramente, assurdamente, distrutto le Comunità montane. Anche le imprese devono uscire dalla loro solitudine». 

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di Franco Laratta
23 agosto 2024
20:15

I mutamenti climatici stanno cambiando la nostra vita e la vita stessa della terra. Lo sapevano da almeno 30 anni, ma nonostante diversi accordi internazionali, di fatto siamo all’anno zero. Probabilmente il ritardo non sarà più recuperabile. Grave la condizione delle nostre montagne, in particolare quelle calabresi.
Ne parliamo con Marco Bussone, presidente dell'Uncem (Unione nazionale comuni e comunità enti montani). del PEFC (Associazione che promuove la gestione sostenibile delle foreste), della Fondazione Montagne Italia e giornalista professionista.
Soffermandoci sulla montagna calabrese, si può affermare che sembra di essere ad un punto di non ritorno. Lo scorso inverno sulla Sila Grande è piovuto per pochissimi giorni e di fatto non c’è stata neve. Così sulle altre montagne.

«La Regione deve crederci»

«Le risposte deve darle la politica, regionale e nazionale, coinvolgendo le comunità. Pensiamo agli invasi per l'acqua. O alle rinnovabili. Servono soluzioni discusse e analizzate. Per questo Uncem ha fortemente voluto le Green Communities, soluzioni comunitarie, oggi finanziate dal Pnrr e previste dalla legge 221/2015, per dire come le comunità affrontano il cambiamento climatico. Tra le prime aree sperimentali del 2008 c'era il Pollino. Ci sono oggi 160 progetti di territori, non finanziati. Tra i 40 finanziati dal Pnrr c'è il territorio guidato dal Comune di Serra San Bruno, e anche l'area di Paterno Calabro. Ma la Regione deve crederci. Smetterla di dare fondi a pioggia, come fatto con gli ultimi due assurdi e inutili bandi a valere sul fondo nazionale montagna, assegnato in quota parte alle Regioni, e finanziare nuove Green Communities».


«Chiudere le comunità montane è stato un errore»

La montagna appare, ed è, in grave sofferenza. Dobbiamo chiederci cosa possa succedere alla montagna calabrese continuando così.
«Che nelle solitudini, ci si annulli. Si fugga ancora, si continui in un trend demografico sempre più drammatico. Due soluzioni. La prima: agire comunitario, da sostenere con Cooperative di Comunità, Comunità energetiche, Green Communities, Associazioni fondiarie per superare la parcellizzazione delle terre con azioni di comunità. Progettualità da sostenere con fondi e leggi. La seconda: fare in modo che i Comuni non siano soli, che i Sindaci non abbiano il cerino in mano. Dunque, la Regione ascolti Uncem. C'è una legge depositata in Consiglio regionale da discutere per reintrodurre i "Comuni nel NOI". Ovvero le Unioni montane di Comuni. La Regione ha maldestramente, assurdamente distrutto le Comunità montane dieci anni fa. Un danno per tutti. Ha lasciato i Comuni soli».

«Anche le imprese devono uscire dalla loro solitudine»

Soffrono le piante, soffrono gli animali, la siccità sta modificando anche le prospettive agricole. Gli imprenditori cominciano a domandarsi quale sarà il loro futuro.
«Anche le imprese devono uscire dalla loro solitudine. Prendiamo Soveria Mannelli. C'è uno dei vivai forestali più grandi e migliori in Italia. C'è Rubbettino che è un punto culturale avanzatissimo, a livello europeo. C'è l'azienda che produce arredi. C'è la Sila lì dietro. Nei distretti servono sinergie. Che creano filiere e appunto distretti. Servono nuovi legami con gli Enti locali, con i Comuni che lavorano insieme, strategie regionali per crescere e fare innovazione. Legami, prima di tutto. Per evitare sofferenze e solitudini anche del mondo delle imprese. Aiutarle a puntare su digitalizzazione e rinnovabili. Per questo servono ITS, formazione post superiore parallela alle ottime università della Calabria. Lavoro da tempo con il prof. Mario Maiolo che ha creato un distretto sul legno avanzato. È bella questa azione. E va supportato con il fondo foreste che lo Stato trasferisce alla Calabria. Creando filiere locali, dalla Sila e dal Pollino».

«Chi guida i Parchi investa per generare economia»

Il rischio che stiamo correndo in Calabria può essere, in prospettiva non troppo lontana, la fine dei millenari boschi e delle foreste, con gravi conseguenze per i nostri parchi nazionali.
«I nostri Parchi, regionali e nazionali, non sono come quelli americani, chiusi con una sbarra, dove si paga un ticket per entrare. Sono vivi. Sono paesi, villaggi, turismo esperienziale, contatto con le comunità. Sono protezione e produzione. Filiere da creare. Rinnovabili nei parchi e filiera legno. Chi lo ha detto che non si possono fare? Chi guida i Parchi investa per generare economia. Sostenibile e circolare, ma benefici per le comunità. È possibile. Va fatto. Esempio è quello del Parco dell'Appenino Tosco-Emiliano. Ha venduto crediti di sostenibilità, per l'assorbimento della CO2 e la gestione e certificazione forestale, a Ferrari, Barilla e altre piccole-medio imprese. Si faccia anche in Calabria. Ma è insostenibile non ci sia pianificazione e gestione forestale, certificazione in quasi 800mila ettari di boschi. Su questo deve agire con urgenza la Regione con gli Enti locali»,

«Se restiamo uniti siamo forti»

Occorre aprire subito una discussione sulle dighe.
«Esattamente. Si pensi alla scadenza delle concessioni delle grandi derivazioni, delle dighe. In Calabria non mancano. Se gli Enti locali, i Comuni, sono divisi, verremo tagliati fuori dalla discussione, dalle regole per le gare, dunque dai benefici. Se siamo uniti, siamo forti. E sulle dighe del futuro si gioca molto della regolazione di energie e acqua, dunque dei fattori centrali per affrontare la crisi climatica».

«Non servono gli specchietti per le allodole»

Se la montagna calabrese muore, rischia di trasformarsi profondamente anche la collina, le vallate, ma anche le marine. La desertificazione è ormai alle porte, e in alcuni punti è già evidente. Ma nessuno sembra preoccuparsene.
«Ha ragione. È cosi. Desertificazione dettata dal clima, che potrebbe riqualificare comunque alcune aree. La costa troppo calda, le città bollenti, potrebbero spingere persone a vivere in contesti extraurbani, rurali e montani. Per farlo, non servono incentivi con soldini come sta mettendo la regione: 30mila euro sono solo specchietto per le allodole. Servono servizi veri. Diversi dalle aree urbane. Scuole, trasporti, sanità, assitenza. Servono azioni durature per combattere il digital divide”

Ci sono leggi nazionali mai applicate.
«Esattamente, come la legge sui piccoli comuni, la 158/2017, che peraltro la Regione Calabria non ha mai recepito e trasformato in legge regionale».

«Manca una legge forestale vera»

Mancano però leggi importanti in materia.
«Manca una legge forestale vera e una legge montagna regionale dotata di risorse economiche. Che scrivano ad esempio che il futuro è nel patto tra città e montagne. Cosa fanno Reggio o Crotone o Catanzaro per le sue montagne, per il Pollino e per la Sila? Se fanno niente è un problema politico serio. Ultima questione, come l'appennino della calabria sta nell'Appennino complessivo. Nel 2025 celebreremo i 25 anni di APE Appennino Parco d'Europa. La montagna della Calabria anticipi questo percorso e sia virtuosa nello stringere alleanze, riconoscendo flussi dalla costa e dalle città verso i  territori appenninici. SInergie e non divisioni, necessario».

 

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