Marcello Pesce, lo stratega della ‘ndrangheta

Il volto imprenditoriale della cosca sfruttava le confidenze di uomini infedeli dello Stato. Grazie a queste riuscì a sfuggire al blitz del 2010, rimanendo alla macchia per sei anni
di Consolato Minniti
1 dicembre 2016
10:05

Era il volto imprenditoriale della cosca, Marcello Pesce “u ballerinu”. A lui toccava mantenere i rapporti con forze dell’ordine e padrini della ‘ndrangheta. Non solo un uomo dell’ala militare, ma uno stratega in piena regola. Condannato in appello a 16 anni e 2 mesi di reclusione, nel processo “All inside”, Pesce era soggetto estremamente temuto anche all’interno del suo stesso clan.

 


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Figlio di Rocco Pesce, nonché nipote del defunto boss, Giuseppe Pesce, Marcello, 52 anni, era inserito nell’elenco dei latitanti più pericolosi, stilato dal ministero dell’Interno. La sua figura era emersa già negli anni ’90.

 

Di lui ha parlato il collaboratore di giustizia, Vittorio Pisani, che di Pesce è stato anche l’avvocato difensore. L’ex legale, durante la sua deposizione nel processo di secondo grado, ha svelato come “u ballerinu” tentò di costruirsi una difesa nel processo, tramite delle prove false. Ma non solo: Marcello Pesce provò anche a limitare i danni delle misure cautelari contro il suo patrimonio, vendendo – ad esempio – buona parte del parco auto di lusso della concessionaria di cui era titolare a Rosarno. Un’azione resa possibile dalle informazioni riservate avute grazie alle sue conoscenze all’interno delle forze dell’ordine.

 

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Ed è proprio sfruttando le confidenze di uomini infedeli dello Stato, che Marcello Pesce riuscì a sfuggire al blitz del 2010, rimanendo alla macchia per sei anni. Lo definiscono “u ballerinu” perché ha sempre avuto la passione per la vita mondana, tanto da ricorrere alla chirurgia, per sopperire alla calvizie che avanzava.

 

Uomo che ha compreso da subito l’importanza dei traffici internazionali di droga e degli investimenti da effettuare fuori dalla Calabria, Marcello Pesce ha avuto anche il fiuto per lo sport.

 

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Assieme al cugino Francesco, infatti, ha finanziato diverse squadre di calcio, che gli hanno consentito di ottenere prestigio e consenso sul territorio, nonché reclutare nuove leve per il clan. Un ruolo assai delicato negli equilibri della cosca, dunque, quello di Marcello Pesce. Ritenuto l’uomo giusto per sedere ai tavoli dei summit mafiosi in veste di pacificatore. In nome degli affari e del potere. 

 

Consolato Minniti

Giornalista
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