San Ferdinando, Tripodi e l’impegno a dire “No”: la mafia c’è ma non è un discrimine nominato

Nel comizio il candidato a sindaco rispolvera la “zappa limbadota”, mentre Mazzitelli attacca i giornalisti: «Ci trattano come Africo e San Luca»
di Agostino Pantano
30 ottobre 2016
12:52

Per una quasi comica coincidenza del calendario, il comizio della lista guidata da Andrea Tripodi avviene poco prima dell’avvento notturno della “ora legale”. In una piazza Nunziante gremitissima, il giro all’indietro delle lancette della storia – nell’intervento del due volte sindaco dei Democratici di sinistra, che oggi guida uno schieramento senza bandiere di partito – suscita applausi e quasi commozione. Se basterà, questo tuffo anche comunicativo nella stagione delle “giunte della ricostruzione” degli anni ’90, sarà l’urna che si apre il 13 novembre a stabilirlo; ma, intanto, la campagna elettorale del post 3° scioglimento per mafia del consiglio comunale riconsegna l’immagine di due schieramenti – quelli di Tripodi e di Michele Oliva - che fra loro non polemizzano, anzi si trattano con i guanti di velluto nel segno di quella «concordia vera» che Serafino Mazzitelli, presentando la lista, spurga da tanti sospetti opachi che pure ci sono.

 


IL COMIZIO COME EVENTO COLLETTIVO. È sabato sera e il paese di 4mila abitanti si ferma nella piazza tornata in questi anni “degradata prateria per le pasquette”, più che “anta libera in cui raccogliere i frutti di un ragionamento collettivo”. Il ritorno ai comizi del “sindaco maestro e pittore” è come al solito un evento atteso e lui – docente in pensione –sembra avere gioco facile a scaldare l’entusiasmo delle vecchie generazioni, con le sue metafore sulla «zappa limbadota»(più dura da recare per i braccianti d’un tempo) e sulle «paludi da cui bisogna far sorgere il volto benevolo di Nausica».E diventa un colpo d’artista la preparata, ma frettolosa, cerimonia della posa dei fiori al monumento dei caduti come «legame col sangue giovane immolato per la Patria». Se voleva essere il flash di un testimone da passare ai giovani, il buio della piazza e l’altoparlante difettoso non l’hanno certamente fatto scattare come in altri tempi.


OLTRE LA BUONA VOLONTA’. San Ferdinando, un passato recente fatto anche di retate per mafia e scandali al Municipio, ridiventa nel 2016 la fotografia dei paesi calabresi dovesi spera che la buona volontà basti ad evitare l’onta dei condizionamenti mafiosi nella politica. La psicologa Irma Loiacono, giovane professionista di famiglia smaliziata tra sindacato e politica, non depenna il tema che, fino a ieri, sembrava interessare più fuori che qui: «Vogliamo ricostruire senza dimenticare cosa siamo diventati».
Luca Gaetano, cravatta rossa e camicia renziana, le fa eco anche grazie alla sua doppia carica di “cervello di ritorno” dopo gli studi al Nord e imprenditore termometro di un tempo in cui il distretto portuale-industriale tirava, indipendentemente dalle inchieste giudiziarie che pure l’hanno sfiorato: «Il paese si è imbruttito e senza turismo non si va da nessuna parte». Analisi generazionali impietose che l’aspirante sindaco valorizza a modo suo e parlando col solito “braccio” collegato al cuore più che alla mente, con proposte scongelate – come la «rinaturalizzazione del fiume Mesima e l’accordo dei comuni Potamici» – e slanci nuovi a favore di chi, come il “Comitato 7 agosto”, in solitudine si è battuto contro il porto reso killer su quella banchina Nord che a San Ferdinando, negli anni ’90, conoscevano meglio di oggi: «Bisogna scoperchiare il canalone dei veleni», afferma il candidato a sindaco cercando sponde che il sodalizio già gli ha dato.

 

LA PEDAGOGIA DEL “NO”. Applausi, certo, in attesa di quella grinta fantasiosa che serve e che, certamente, dovrà essere stuzzicata rimettendo l’amministrazione in contatto coi Palazzi istituzionali che contano. Ed è per via di questo necessario “invito al futuro” che, più che l’immagine del “migliore sindaco della storia” contrapposta a quella“dell’irascibile politico”, servirebbe sviscerare sin da adesso l’eventuale pedagogia del “dire no, quando è no”.


Salvatore Bonasera, candidato e portuale tra i 400 che rischiano il posto, ad esempio non parla, ma parla Mazzitelli. Quest’ultimo, un passato da comunista e nella filiera post ideologica e senza partito, indirizza il suo richiesto carisma – presentando la lista da esterno – per esaltare l’immagine di sanferdinadesi per bene (Claudio Tavella e Pino Esposito di cui fa i nomi), e, senza che gli sembri una contraddizione, per attaccare in modo innominato «la doppia macchina del fango di questi giorni contro la comunità»: riferimento forse alla notizia di un’antica denuncia archiviata per la sospetta associazione mafiosa e politica dell’ex sindaco Tripodi, prima che di puntare sul candidato Madafferi come proprio successore.Mazzitelli, indifferente all’incidente diplomatico - quando afferma che «i giornali ci trattano come Africo e San Luca» - si ritaglia il ruolo di manovratore che non vuole disturbi e con le marce in folle sul concetto di nuova legalità che vorrebbe sulla fiducia. Valore che nessuno spiega,e che solo Gaetano fissa in vista del voto libero in un turno straordinario certamente non deciso dai giornali: «Un ringraziamento alla stampa, nel bene e nel male, quando racconta la verità».

 

IL GIORLALISMO CHE FA DIBATTITO. È già un inizio rispettoso, questo monito democratico almenoa discutere di “quale verità”, che però Giovanni Di Lorenzo – un maresciallo dell’Arma in pensione, certo più abituato ad agire nelle inchieste che a parlare dai palchi – puntualizza nel suo discorso scritto e letto con accenni ad una indiscutibile segretezza. Sceglie di non presentarsi quale priore della Confraternita mariana, visto che la «concordia» invocata da Mazzitelli presso quel gruppo farebbe difetto da qualche tempo – ma pigia sull’acceleratore dell’identità professionaleda polizia giudiziaria che lo ha visto «impegnato contro mali che non voglio elencare, perché li conosciamo». «Ci impegneremo per cambiare le cose e prenderemo anche decisioni sofferte», promette ed anche questa è una buona intenzione.

 

IL QUADRO POLITICO. Il prosieguo di questa campagna, che nel fair play tra Tripodi e il suo ex assessore Oliva a questo punto si sta rivelando come una nuova prova di futuro senza l’asse Punturiero/Barbieri rimasto alla finestra ma non tanto, ci dirà se le annunciate “scelte dolorose” che lo Stato impone sono un manifesto vuoto, o sono l’azione già da adesso illustratadi una nuova “zappa”. Magari meccanizzata, per fare prima e riportare avanti le lancette alla “ora solare” senza mai più scioglimenti per ‘ndrangheta. “Male”, questa mafia, che dal palco nessuno nomina ma tutti hanno dovuto prendere atto che c’è.

 

Agostino Pantano

Giornalista
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