Scacco alla 'ndrangheta crotonese, tutti gli imprenditori erano costretti a pagare il pizzo

In tal modo, la cosca si assicurava oltre ad una redditizia fonte di illecito profitto, anche un utile strumento per esercitare la propria egemonia ed il controllo del territorio
18 ottobre 2016
12:33

Le persone arrestate nel corso dell’operazione scattata stamani nel crotonese e denominata “Six towns” dovranno rispondere anche del reato di estorsione.

 


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Particolarmente interessante il capitolo delle condotte estorsive tentate dal sodalizio per il controllo di fatto delle attività estrattive nell’area mineraria di “Timpa del Salto” (agro di Belvedere Spinello), gestita dalla ENI-Syndial S.p.a.

 

Le investigazioni hanno portato alla luce, per esempio, i casi che hanno coinvolto le maestranze della “Baker Hughes” e della “Halliburton”, multinazionali estere specializzate nel ramo petrolifero ed estrattivo. Esponenti ‘ndranghetisti avrebbero più volte avvicinato i rispettivi responsabili in loco, con minacce di morte o di danneggiamenti ai mezzi in cantiere, pretendendo il versamento di una percentuale – ordinariamente del 5% - dell’importo degli appalti ottenuti da quelle aziende.

 

Alcuni episodi (es. rottura di parabrezza dei mezzi d’opera, furti di chiavi di avviamento, ecc.) sono peraltro effettivamente avvenuti, a ulteriore titolo di ammonimento e pressione.

 

SIX TOWNS | Gli omicidi da cui partirono le indagini

 

Ma le estorsioni erano comunque perpetrate su tutto il territorio di “influenza” della “Locale”, che pretendeva in maniera diffusa e sistematica dai singoli imprenditori il pagamento di tangenti in relazione lavori pubblici di cui avessero ottenuto l’appalto o l’esecuzione. Nel corso delle indagini si sono acquisiti elementi circa pressioni di natura estorsiva nei confronti di imprenditori titolari di strutture commerciali per la grande distribuzione e di un imprenditore edile impegnato nella ristrutturazione di una clinica nel comune di Castelsilano (KR), estorsione peraltro fallita per l’emersione di pregressi rapporti di contiguità tra la vittima designata ed esponenti di primo piano della ‘ndrangheta.

 

E’ stata altresì dimostrata la pervasiva influenza della “’ndrina dei sangiovannesi” sul territorio del comune silano nella gestione, in via esclusiva e con modalità estorsive, del servizio di security presso numerosi locali notturni.

 

Nello specifico i titolari ed i gestori di night club e discoteche del centro silano sono stati costretti, in via generale ed anche in occasione di particolari manifestazioni come i veglioni organizzati per il capodanno, ad affidare il servizio di vigilanza alle agenzie riconducibili alla cosca od a quelle altre, sempre da questa indicate, alle quali era stata imposta l’assunzione di soggetti di interesse.

 

In tal modo, la cosca, anche mediante atti di danneggiamento e minacciosi avvertimenti di vario genere, si assicurava oltre ad una redditizia fonte di illecito profitto, anche un utile strumento per esercitare la propria egemonia ed il controllo del territorio attraverso quello delle attività produttive.

 

Particolarmente attivi su questo fronte erano gli affiliati alla ‘ndrina di Castelsilano. Un lavoro lungo e assai complesso, fatto di intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti, raccolta di testimonianze (oltre alle dichiarazioni rese a più riprese dal collaboratore di giustizia Francesco Oliverio, già capo della “locale” di Belvedere Spinello) e riscontri sul campo, ha permesso agli investigatori e all’Autorità Giudiziaria Distrettuale inquirente di ricostruire un quadro analitico di ruoli e responsabilità di quello che è, a tutti gli effetti, uno dei gruppi malavitosi più famelici sul territorio.

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