La svolta di Oliverio e il tafazzismo nemico della Calabria

Oliverio rivendica la svolta nella sua azione di Governo, smentendo chi sostiene il contrario. Discontinuità con il mostro burocratico. Il trasferimento degli uffici regionali alla Cittadella. La modifica dello Statuto che autorizza il potere di nomina di assessori esterni. E poi Sanità e fondi comunitari. Questi alcuni dei temi toccati dal Governatore
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di Pa. Mo.
17 gennaio 2018
16:22
Regione, Oliverio
Regione, Oliverio

“La svolta c’è stata”. Mario Oliverio per grandi linee, spiega il come e il perché con una intervista su una testata locale. Egli tenta un’operazione verità. Tant’e che nel sottolineare lo spirito collaborativo nel rapporto con il Governo nazionale non omette, anzi rilancia, e ripropone il suo dissenso per il mancato superamento della gestione governativa commissariale della sanità calabrese. Prima di tutto rivendica la discontinuità con il mostro burocratico che negli anni passati aveva fatto della Regione un fattore ostativo alla crescita economica e sociale.

Oliverio annota ciò che oggi tutti sanno e vedono ma danno però per scontato: il valore della sede unica degli uffici regionali. Non sono state di minor peso di quelle riscontrate dal Procuratore Nicola Gratteri, per l’uso dei locali dell’ospedale militare, le resistenze che si sono frapposte al trasferimento a Germaneto. A resistere per l’insediamento degli uffici nella Cittadella non erano solo i fitti passivi milionari, ma anche e soprattutto gli interessi di potere che, attraverso quella miriade di uffici disseminati , si esercitavano.


Gemaneto, insieme alla modifica dello Statuto che autorizza il potere di nomina di assessori esterni, è stato il vero atto fondativo di una nuova Regione. Questi sostanziali cambiamenti modificano il rapporto tra istituzione e società. Di fatto, ad essere colpito è il sistema delle relazioni di tipo amicale e di scambio tra pezzi della società e singoli dirigenti, assessori e consiglieri regionali.

Oliverio scommette sulla riduzione dei margini di discrezionalità con la digitalizzazione perché aiuta a selezionare la domanda in base alla qualità e alla trasparenza. Ovviamente egli si illude se ritiene il problema definitivamente risolto. Noi gli diamo atto che la strada intrapresa è quella giusta, ma rimane ancora tanto da fare. Una effettiva ed irreversibile opera di riforma amministrativa passa attraverso la coniugazione degli elementi di innovazione strutturale con una buona qualità della programmazione e finalizzazione della spesa.

Oliverio ha denunciato che resistenze provengono anche da alcuni settori che lo hanno votato. Il coraggio del riformismo consiste però proprio nella capacità di passare da questa porta stretta. E si passa se si riesce a contestualizzare il particulare nell’interesse generale. La Regione normale ci sarà se si porta a termine questa missione. Il tema è posto, però, non solo al Governatore ma anche alla Calabria che invoca il cambiamento. Gli esiti di questa partita non sono scontati. Dipende molto se il tempo ancora disponibile fino alla fine della legislatura sarà segnato da un’efficace operatività i cui risultati dovranno essere coerenti con gli obiettivi della programmazione. Il problema ora non è più quello della mancanza di risorse disponibili. Ad Oliverio va il merito di aver portato a casa oltre 11 miliardi di euro di investimenti, ora deve essere visibile e misurabile il livello di quantità e qualità della spesa. La modernizzazione che persegue Oliverio ha senso se le metropolitane, i nuovi ospedali, i servizi avanzati sulla fibra, le infrastrutture per la velocizzazione dei collegamenti, le centinaia di scuole sicure, la riqualificazione e la messa in sicurezza del territorio saranno opere che vedranno la luce in un tempo rapido e utile per agganciare il treno della ripresa nazionale ed europea. Altrimenti questa controffensiva riformista arretrerà o sarà addirittura sconfitta. La direttrice che si è dato il Governatore comincia a prendere corpo e Oliverio vuole che i risultati si tocchino con mano: obiettivo è riprendere fiducia verso l’istituzione.

 

Ma i calabresi devono intanto stare a guardare? Prima vedere e poi crederci? Aspettare che tutto ciò divenga realtà? Abbiamo già toccato con mano la crescita del PIL, non vediamo più cumuli di rifiuti per le vie delle nostre città ,registrato dieci milioni in più di presenze turistiche, è cresciuto il numero degli occupati, gli Lsu non sono più precari senza futuro ma effettivi lavoratori dipendenti della pubblica amministrazione, anche le 8000 unità di ex mobilità in deroga sperano di non essere lasciati soli e accompagnati in un percorso di possibile reingresso nel mercato del lavoro, la ZES per il rilancio di Gioia Tauro e per la crescita produttiva dell’intera regione è realtà, le università calabresi potenziate. E non ci pare emergano corposi segnali di controtendenza nell’umore dell’immaginario collettivo .Stenta a prendere quota un senso comune ottimista. Per dirla con Oliverio, quello del “si può fare”. Ovviamente non vogliamo seminare pessimismo e diffidenza.

 

Al contrario vogliamo promuovere il coraggio di bandire il pregiudizio e quei luoghi comuni che inducono i calabresi a crogiolarsi nel piagnisteo degli ultimi che si autoassolvono e invocano aiuti ed assistenza. I Tafazzi di casa nostra si alimentano di questo humus. Al Governatore compete il dovere della prova per generare fiducia. Ai corpi intermedi, alle forze sociali, alla classe dirigente nella sua più ampia accezione il compito di cogliere questa sfida. Il sentimento del tafazzismo va lasciato ai megafoni di quel reticolo di interessi che si sono alimentati nei vizi e nei gangli del potere della vecchia Regione. Questi avversano l’azione del Governatore ma sono soprattutto i veri nemici della Calabria. Pa.Mo.

Giornalista
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