Il Pd verso il commissariamento. Magorno: «Lo vogliono per condizionare il partito con i caminetti»

Il segretario regionale uscente ha aperto la fase congressuale. Ma sono iniziate le manovre per bloccare l'assise e arrivare al commissario. Decisiva l'assemblea del 19 marzo
di Riccardo Tripepi
15 marzo 2018
12:43

Il Pd calabrese, dopo la sconfitta alle urne, sembra correre a passi spediti verso un nuovo commissariamento. Il segretario regionale Ernesto Magorno da giorni fa trapelare dubbi su tale possibilità e anche per questo ha immediatamente aperto la fase congressuale. “Forzando la mano”, come dice lui, con il reggente Maurizio Martina che aveva chiesto il “congelamento” dei segretari regionali scaduti o dimissionari in vista della difficile fase che aspetta adesso il partito. Da Pubblica Piazza, il talk diretto da Pasquale Motta, Ernesto Magorno ha esplicitato ancora di più il suo pensiero, provando a stanare quanti starebbero tramando nel buio in vista della decisiva assemblea regionale, convocata per il prossimo 19 marzo.

«E’ evidente che chi scade dal proprio mandato e io sono scaduto lo scorso 23 febbraio non ha bisogno di dimettersi. Si dimette chi è in carica chi è scaduto deve fare osservare le regole che nel nostro caso prevede la rielezione del segretario seguendo una procedura che è quella dell’Assemblea che convoca il congresso e successivamente la direzione, a cui spetta di eleggere l’organismo che conduce il partito al congresso regionale. Se si insiste a tutti i costi per ottenere le dimissioni da chi non può darle – dice a chiare lettere Magorno - evidentemente l’obiettivo è un altro ed è quello di voler fare commissariare il partito calabrese. La mia è una provocazione: se qualcuno vuole far commissariare il partito calabrese lo dica perché si apre un’altra e diversa fase». Chiaramente l’invito è rivolto ai vari consiglieri regionali (Bevacqua e Aieta ad esempio) che hanno esposto dubbi sulla necessità di accelerare le procedure per la fase congressuale o sulla estrema difficoltà di trovare una candidatura unitaria o comunque candidature idonee a traghettare il partito.


 

«Il pericolo di un commissariamento c’è di sicuro – ha detto ancora Magorno - evidentemente c’è chi pensa di poter condizionare la vita del partito calabrese anche con i caminetti romani. La mia opinione, invece, è che i democratici calabresi devono o scegliere liberamente e democraticamente il prossimo segretario regionale. Mi auguro inoltre che chi vincerà le prossime primarie sappia interpretare il momento storico che sta vivendo il Mezzogiorno e sappia assicurare un radicale cambio di passo anche nell’azione politica del nostro partito». Magorno, ormai libero dai lacciuoli della carica è un fiume in piena, e insiste anche sul “cambio di passo” che ha chiesto anche al governatore Mario Oliverio, indispettendo non poco il presidente della giunta che è alle prese con il rimpasto.

 

I tempi per procedere alle sostituzione di Barbalace, Roccisano e Viscomi adesso stringono e Oliverio dovrà decidere se e in che termini fare rientrare la politica nell’esecutivo. Un’apertura ai consiglieri regionali potrebbe segnare una riapertura di dialogo con Palazzo Campanella e magari servire a puntellare la maggioranza in vista del rush finale della legislatura. Oliverio per provare ad invertire il trend ha necessità, però, di un partito compatto che lo segua e lo sostenga. Ma i continui attacchi alla diligenza, su tutti quelli di Carlo Guccione, non sembrano andare in questa direzione. Per questo tutti guardano con grande attenzione a quanto avverrà in assemblea regionale. Anche se i bookmakers danno per altamente probabile più di un’imboscata volta a rendere irrespirabile il clima e convincere Roma a mandare un nuovo commissario per provare a sedare la lotta tra le correnti e preparare i prossimi appuntamenti elettorali.

 Riccardo Tripepi

Giornalista
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