Sparò alla sorella a Nicotera: la Cassazione annulla con rinvio l’ordinanza

Il Riesame di Catanzaro dovrà rivedere la misura per Demetrio Putortì che lo scorso anno esplose un colpo di fucile contro la sorella Marisa
7 giugno 2017
12:44

Resta in carcere al momento Demetrio Putortì, il giovane di 26 anni che la sera del 20 agosto 2016 ha sparato con un fucile alla sorella Marisa, 21 anni, che era uscita da un bar di Nicotera superiore, dove lavorava, per fumare una sigaretta. La prima sezione penale della Cassazione ha tuttavia annullato con rinvio, per un nuovo riesame dinanzi al Tdl di Catanzaro, la decisione del Tribunale del Riesame di confermare il 13 settembre scorso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Vibo Valentia in data 24 agosto 2016 per Demetrio Putortì in relazione ai reati di tentato omicidio aggravato ai danni della sorella e di detenzione e porto di un fucile da caccia usato per commetterlo.

 


L’accusa di tentato omicidio. La giustificazione data dal giovane nel corso dell’interrogatorio di garanzia, secondo la quale non era sua intenzione uccidere la sorella ma solo gambizzarla, non aveva convinto il giudice perché, al di là delle dichiarate intenzioni di Demetrio Putortì, le modalità della sparatoria e l’uso di un fucile, per il gip del Tribunale di Vibo e per il Tribunale del Riesame di Catanzaro integravano il reato di tentato omicidio e non quello di lesioni gravi. Il giovane dopo poche ore dal fatto di sangue si era consegnato ai carabinieri della Stazione di Nicotera Marina. 

 

La decisione della Cassazione. Per la Suprema Corte la qualificazione giuridica del fatto va inquadrata non in un tentato omicidio ma nel reato di lesioni gravi. Ciò perché il Tribunale del Riesame – ad avviso della Cassazione – è compito del giudice della cautela valorizzare puntualmente le specifiche modalità della condotta, nonché le caratteristiche dello strumento impiegato.

 

Nel caso di specie è stata documentata - nella motivazione del provvedimento del Tribunale del Riesame di Catanzaro - la concreta idoneità dell'arma impiegata ad attingere le parti vitali del corpo della vittima. Secondo la Cassazione, però, allo stesso tempo non è stata “adeguatamente motivata la valutazione della specifica condotta - consistita nell'esplosione, a distanza ravvicinata e fronteggiando la vittima immobile, di due colpi di fucile all'indirizzo degli arti inferiori - alla stregua del tentativo di omicidio, non apparendo univocamente indicativa dell'idoneità dell'azione la presenza di grandi vasi negli arti inferiori, risultando, per contro, obiettivamente rilevante - e non adeguatamente valutata - la circostanza che i colpi sono stati esplosi senza concitazione all'indirizzo degli arti inferiori, pur essendo facilmente attingibile altra porzione più sensibile del bersaglio (il busto o il capo della vittima) di per sé, invece, indicativa di un’azione omicida.

 

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