Ospedali calabresi piegati dal Covid e 140 mln di euro fermi: la Regione non riesce a fare i bandi

Tutti i numeri del fallimento della sanità regionale incapace di adeguare il sistema assistenziale all'emergenza pandemica. Nuovi reparti di terapia intensiva e sub intensiva mai realizzati, mancato riordino della rete ospedaliera. Intanto le risorse immediatamente disponibili ammuffiscono nei cassetti (ASCOLTA L'AUDIO)

di Luana  Costa
13 aprile 2021
19:30

Quarantuno pagine, sette allegati e una pioggia di milioni, in gran parte inutilizzati. È quel che resta oggi del progetto di riorganizzazione della rete ospedaliera calabrese; un progetto iniziato male e finito ancor peggio a giudicare dalle lunghe file di ambulanze costrette ad estenuanti soste fuori dagli ospedali, travolti dalla terza ondata pandemica. Quella pianificazione probabilmente potrà concludersi solo a bocce ferme, quando il virus avrà frenato la sua corsa e le strutture sanitarie avranno affrontato la pandemia, ancora una volta, a mani nude.

Il sistema piegato dalla corsa del virus

Procedure, gare e appalti, tutto è bloccato. A galoppare è solo la diffusione del contagio che sta piegando in due il sistema sanitario e logorando la resistenza degli operatori, da oltre un anno schierati in una guerra di trincea. Dei posti di terapia intensiva e sub intensiva programmati nel maggio scorso restano solo le briciole, mentre quasi intonsi restano i quasi 40 milioni (39.854.010) trasferiti da Roma in Calabria in virtù dell'approvazione del decreto Rilancio che mirava a potenziare la rete ospedaliera sotto stress per effetto dei ricoveri. Dopo undici mesi nulla è cambiato in Calabria.


L'iniezione di posti letto

Nel maggio 2020 l'ex commissario ad acta, Saverio Cotticelli, licenziava il dca 91 che prevedeva un poderoso aumento dei posti di terapia intensiva e sub intensiva per il ricovero di pazienti Covid. L'obiettivo da raggiungere per le terapie intensive era di 280 posti letto complessivi sulla base dei 146 già disponibili. Il Governo metteva sul piatto 24 milioni e mezzo per attivarne altri 134, di questi oggi ne risultano realizzati solo 16 distribuiti tra l'azienda ospedaliera Pugliese Ciaccio e il policlinico universitario di Catanzaro e l'ospedale di Paola. Le sub intensive sarebbero dovute nascere di sana pianta, la Calabria ne era sprovvista e così era stato pianificato un investimento di oltre 15 milioni per allestirne 136, oggi ne risultano realizzate solo 11 tutte al policlinico universitario di Catanzaro. Di ciò che era stato programmato ha visto la luce appena il 10%.

L'emergenza ex post

La quasi totalità dei progetti è rimasta paludata in pastoie burocratiche, non totalmente ascrivibili alla solita Calabria, e inattuati a causa del ritardo con cui l'ex commissario straordinario, Domenico Arcuri, ha affidato le gare per l'esecuzione delle opere accentrate dalla struttura nazionale. In alcuni casi quando le aziende calabresi hanno avuto in mano le ditte a cui affidare i lavori si era già nel pieno della seconda ondata e i reparti traboccavano già di pazienti, in altri casi le progettazioni sono state eseguite con estremo ritardo. Oggi si ragiona esclusivamente ex post e gli interventi si realizzeranno quando la pandemia avrà esaurito la sua carica dirompente.

Il flop comunitario

Totalmente spariti dalle rotte sono, invece, i 140 milioni di euro di fondi comunitari che l'Unione Europea nel luglio scorso aveva acconsentito a riprogrammare facendo convergere il fiume di denaro pubblico sulla "azzoppata" sanità calabrese. Anche in questo caso l'obiettivo dichiarato era rafforzare la rete ospedaliera e territoriale rendendo più agevole la complessa gestione emergenziale alle latitudini calabre. A settembre la disponibilità finanziaria reperita sulle linee di intervento della programmazione comunitaria era definita e la giunta aveva deliberato il trasferimento delle risorse al dipartimento Tutela della Salute, che avrebbe dovuto istruire i bandi sulla base della proposte di intervento avanzate dalle aziende sanitarie e ospedaliere. 

Il guazzabuglio burocratico

Ma la robusta portata delle risorse e degli interventi si è andata ad infrangere contro le note fragilità del dipartimento Tutela della Salute. Paradossalmente, gli uffici chiamati a gestire il più rilevante flusso di denaro pubblico sono anche i più depotenziati, privi di personale tecnico e amministrativo capace di gestire una massa tanto ingente di procedure rese ancora più complesse da un elevato livello di burocrazia tipico delle linee di intervento proprie dei programmi comunitari. Documentazione istruttoria, decreti di approvazione di liquidazione, bandi di gara: un guazzabuglio amministrativo impensabile per uffici che riescono appena a gestire l'ordinario e così l'ancora di salvezza si è trasformata nella proverbiale pietra al collo che ha trascinato al fondo il sistema sanitario calabrese.

Giornalista
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