C’è un patto fra ‘ndrangheta e cosa nostra dietro la strategia terroristica messa in atto contro i carabinieri, fra il 1993 e il 1994. Anche il duplice omicidio Fava-Garofalo, rientra a pieno titolo in questo progetto di morte che la mafia siciliana e la criminalità organizzata calabrese misero a punto per destabilizzare lo Stato.


Sono due gli arresti eseguiti questa mattina dalla Polizia, nell'ambito dell'operazione 'Ndrangheta stragista, ma sono due arresti dal peso specifico enorme, che consegnano un pezzo di storia all’Italia intera. Rocco Santo Filippone e Giuseppe Graviano. Il primo, ritenuto appartenente alla cosca Piromalli di Gioia Tauro, ma soprattutto imparentato con Giuseppe Calabrò, l’autore materiale del duplice delitto Fava-Garofalo, assieme a Consolato Villani. E non mentiva, evidentemente Calabrò, quando spiegò ai magistrati che uno dei mandanti era «carne sua». Quella parentela, per parte materna, ha da sempre rappresentato un elemento su cui gli investigatori hanno inteso vederci chiaro. Anche grazie alle parole che qualche anno fa disse il pentito Consolato Villani, facendo esplicitamente il nome di Filippone davanti al pm Donadio che, per conto della Dna, indagava sulle stragi di mafia.


Il secondo è un nome noto a tutti e che riecheggia ogni qual volta vi sia un elemento che riporta alle stragi di mafia.


Non sono stare indagini semplici quella che ha dovuto portare avanti il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, in questi anni. Lui ha avuto la tenacia ed il coraggio di non arrendersi, anche quando sembrava difficile ottenere un risultato. Lui assieme ad un altro pezzo importante della magistratura italiana, come Francesco Curcio, coordinati da due procuratori che hanno creduto sempre nella possibilità di arrivare al traguardo, ossia Federico Cafiero de Raho, capo dell’ufficio requirente reggino e Franco Roberti, al vertice della Dna.

 

Luce sugli omicidi dei carabinieri Fava e Garofalo 

Ritenuti elementi di vertice della ‘ndrangheta e di Cosa nostra, nel quadro di un’unica strategia mafiosa di attacco allo Stato negli anni ‘93 e ’94, Filippone e Graviano sono ritenuti responsabili di essere tra i mandanti complessivamente di tre attentati compiuti ai danni dei Carabinieri di Reggio Calabria, in cui persero la vita, il 18 gennaio 1994, gli Appuntati Antonino Fava e Giuseppe Garofalo brutalmente uccisi nei pressi dello svincolo di Scilla; rimasero gravemente feriti, l’1 febbraio 1994, l’Appuntato Bartolomeo Musicò e il Brigadiere  Salvatore Serra e rimasero miracolosamente illesi, l’1 dicembre 1994, il Carabiniere  Vincenzo pasqua e l’Appuntato Silvio Ricciardo.

 

Stragi di mafia, il patto tra 'ndrangheta e Costa nostra

Le vicende delittuose si inquadrano nel contesto della strategia stragista che ha insanguinato il Paese nei primi anni 90’ e in particolare nella stagione definita delle “stragi continentali”. Protagonista di quella stagione, secondo quanto emerso dalle indagini, non fu solo Cosa Nostra (che tuttavia ebbe il ruolo operativo fondamentale nei termini già ampiamente descritti dalle sentenze di altre Autorità Giudiziarie) ma anche la ‘Ndrangheta. Gli attentati contro i Carabinieri non vanno letti ciascuno in maniera singola ed isolata, ma vanno inseriti in un contesto di più ampio respiro e di carattere nazionale nell’ambito di un progetto criminale, la cui ideazione e realizzazione è maturata non all’interno delle cosche di ‘ndrangheta, ma si è sviluppata attraverso la sinergia, la collaborazione e l’intesa di organizzazioni criminali, che avevano come obiettivo l’attuazione di un piano di destabilizzazione del Paese anche con modalità terroristiche.

 

In corso numerose perquisizioni

Sono in corso di esecuzione anche numerose perquisizioni in diverse regioni d’Italia. Alle operazioni eseguite dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria, dal Servizio Centrale Antiterrorismo e dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, partecipano anche i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria.

 

Consolato Minniti 

 

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