L’omicidio che scuote Reggio: ucciso Chindemi. Altro capitolo della guerra dei nuovi boss? (FOTO E VIDEO)

I killer lo hanno atteso sotto casa. Vano il tentativo di fuga. L’uomo era intraneo alla cosca Condello. E ora si teme una nuova escalation di sangue
di Consolato Minniti
16 febbraio 2018
00:03

Lo hanno atteso a pochi passi da casa, sicuri che lo avrebbero visto rientrare di lì a poco. Forse, addirittura lo seguivano. Alle 19.20 sono entrati in azione e lo hanno freddato con due colpi di pistola. È morto così il 53enne Pasquale Chindemi, ucciso nel quartiere di Gallico superiore, periferia nord di Reggio Calabria, teatro già nel recente passato di diversi preoccupanti episodi delittuosi. Questo delitto, però, rende ora il clima particolarmente pesante.

Le fasi dell’omicidio

La chiamata al 112 arriva intorno alle 19.20. È la voce di una donna ad avvisare i carabinieri: «Ho sentito diversi colpi di pistola». Le gazzelle dell’Arma raggiungono la via Anita Garibaldi in pochissimi minuti. La strada è piuttosto solitaria. È quella che da Gallico marina conduce sino alla frazione superiore. Al bivio la strada che va a destra diventa sempre più stretta sino ad una biforcazione. È lì, in quella lingua d’asfalto che Chindemi, impiegato Atam come ausiliario del traffico, è riverso a terra. I militari notano subito che per lui non c’è più nulla da fare. Ed immediate scattano le indagini. La zona viene completamente recintata in attesa degli uomini del reparto investigazioni scientifiche. Nel frattempo, i militari del reparto operativo iniziano a ricostruire le fasi del delitto.


 

Chindemi è appena sceso dalla sua auto, quando i killer lo affrontano. Sono due, col volto interamente travisato da un passamontagna. Segno probabile che temevano di essere riconosciuti. Arrivano a piedi. Chindemi, infatti, abita sulla via superiore a quella dove viene trovato morto. È lì che lo attendono i sicari. Gli lasciano appena il tempo di scendere dall’auto, tanto che il suo portafogli è ancora all’interno. Inizia la pioggia di fuoco. I colpi non sono tantissimi e c’è da accertare se sia stato uno solo a sparare o entrambi i killer. Chidemi, sorpreso dall’agguato, tenta di fuggire sebbene sia ferito. Riesce a percorrere solo pochi metri e prova una disperata fuga percorrendo delle scalette che dalla via dove abita conducono sino alla via Anita Garibaldi. Sono una ventina di gradini. I killer non demordono e continuano ad inseguirlo con l’intento di finirlo. Cosa che avviene puntualmente. Sono letali per l’uomo i colpi arrivati al torace ed alla nuca. La sua morte è pressoché istantanea.

Le immagini delle telecamere

La ricostruzione del delitto, seppur sommaria, è possibile farla grazie alle telecamere a circuito chiuso che hanno ripreso i killer a volto coperto, dunque irriconoscibili. I carabinieri sperano sino all’ultimo di poter trovare un particolare che possa indicare di chi si tratti, ma anche il buio della notte non aiuta per nulla. L’unica speranza è che qualche altro impianto, magari precedente al luogo del delitto, possa aver ripreso i sicari prima che questi coprissero il loro volto per uccidere vigliaccamente alle spalle Chindemi.

La fuga a piedi

Non c’è nessun mezzo ad attendere coloro che hanno eseguito la sentenza di morte nei confronti del dipendente dell’Atam. I killer fuggono a piedi senza lasciare tracce. Di testimoni, al momento, nemmeno a parlarne. Nessuno ha visto nulla, nonostante l’omicidio si sia consumato ad un orario in cui tutti sono ancora pienamente operativi. Sta di fatto che i killer trovano la via di fuga presumibilmente da una strada secondaria che si trova a poche decine di metri dal luogo in cui Chindemi stramazza al suolo. La strada, infatti, consta di una serie di palazzi sulla destra, mentre in fondo termina con un budello buio, perfettamente utile per una via di fuga senza dare troppo nell’occhio, magari con un complice ad attendere i due sicari.

 

Sul posto, anche il pm della Dda reggina, Stefano Musolino, che ha effettuato un sopralluogo assieme ai carabinieri. Poi, a tarda sera, la vittima è stata caricata su un furgone delle onoranze funebri e portata via per l’esame autoptico.

 

I precedenti della vittima

Pasquale Chidemi è persona nota alle forze dell’ordine. È stato coinvolto, nel 2007, nell’operazione “Bless” che ha colpito la cosca Condello. Per lui l’accusa era di tentato omicidio. Ma di Chindemi, gli inquirenti conoscono anche l’inserimento nel mondo dello spaccio di sostanze stupefacenti. E sono questi i due contesti su cui ora si sta lavorando alacremente. Chindemi è ritenuto un personaggio inserito a pieno titolo nella cosca Araniti e dunque del vecchio cartello condelliano, quella egemone nel territorio di Archi, ma non soltanto. Anche sulle zone di Gallico e fino a Villa San Giovanni, così come hanno dimostrato le recenti inchieste, non ultima quella che solo pochi giorni fa ha visto pesantissime richieste da parte dei pubblici ministeri, ossia “Sansone”.

Il clima di Gallico e le frizioni interne

Ma è il clima generale che si respira a Gallico a destare non pochi timori. Come sappiamo, già nel novembre scorso, diversi furono gli episodi che avvennero proprio a Gallico. Dal furgone dato alle fiamme a Carmelo Natale Cartisano, nipote del defunto boss di Gallico, Domenico Chirico, sino ad arrivare agli atti intimidatori al supermercato Lidl e all’azienda vinicola Tramonta. Senza dimenticare i due omicidi di qualche tempo addietro, ossia quello di Tarik Kacha, avvenuto a Catona e di Bruno Ielo, eseguito sempre a Catona, quartiere limitrofo a Gallico. Ma da non sottovalutare sono anche gli arresti eseguiti dalla Dda di Reggio Calabria e che hanno portato in cella presunti mandanti ed esecutori dell’omicidio Canale, ritenuta la risposta all’omicidio del boss Chirico. Fra loro personaggi di primo piano della cosca Condello. E, come acclarato dall’inchiesta, pare che ci fossero proprio le frizioni all’interno del clan un tempo capeggiato da Pasquale Condello “Il supremo”, dal 2008 in cella, così come buona parte della sua cosca. E non è forse un caso che proprio i Condello siano oggi in particolare difficoltà.

 

Le inchieste hanno fiaccato gran parte della forza militare di questo casato mafioso. La parte arcota ne è uscita fortemente indebolita, mentre i gregari delle zone limitrofe iniziano a spingere sempre di più per ottenere potere e spazi. È per questo che l’omicidio di Chindemi va letto con grande cautela. Non è assolutamente da escludere che possa inserirsi pienamente in questo contesto. Non è da accantonare, in altri termini, anche l’ipotesi di una guerra interna, così come abbiamo ipotizzato nello scorso mese di novembre. Perché la lotta sembra interessare solo una parte delle cosche di ‘ndrangheta della città. Proprio quell’ala condelliana oggi particolarmente inquieta. Mentre sulla sponda De Stefano, alcune importanti scarcerazioni, come quella di Carmine De Stefano, pare abbiano portato ad un certo equilibrio. Sarà quindi anche l’omicidio Chindemi un capitolo di questa nuova guerra?

 

Consolato Minniti

Giornalista
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