‘Ndrangheta: ingente sequestro di beni nel Reggino

Colpito dal provvedimento Gregorio Cacciola, considerato elemento di spicco delle cosche di Rosarno. Sigilli su un'azienda e su 15 immobili per un valore di oltre 2 milioni di euro
20 maggio 2017
07:56

Su disposizione della Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia - di Reggio Calabria, i Carabinieri del R.O.S. e della Compagnia Carabinieri di Gioia Tauro hanno eseguito un provvedimento di sequestro del Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di Gregorio Cacciola. È stato così inferto un ulteriore colpo al patrimonio riconducibile alle cosche di Rosarno per un valore complessivo di circa 2 milioni di euro.

L’intervento ablativo, ha interessato principalmente i comuni di Rosarno e di Laureana di Borrello (RC) ed ha riguardato 1 azienda agricola attiva nel settore della agrumicoltura, 15 immobili (tra cui 1 lussuosa villa di 11 vani e 13 terreni con contributi comunitari), 1 autoveicolo e diversi rapporti bancari. L’indagine patrimoniale svolta dal R.O.S. ha permesso di ricondurre all’uomo la disponibilità dell’ azienda e dell’intero patrimonio aziendale formalmente intestata alla moglie Tiziana Consiglio comprensivo di svariati beni strumentali. In particolare, attraverso lo sviluppo di approfondite analisi bancarie e reddituali, è stato possibile accertare la derivazione illecita dei capitali impiegati per l’avvio dell’impresa, da cui è stata desunta inoltre l’illiceità di tutti gli investimenti successivi, immobiliari e mobiliari, effettuati dal nucleo familiare.

 


Già indagato per associazione mafiosa nel 2009, era stato arrestato nel 2014 con altri esponenti di spicco delle cosche operanti nella provincia reggina, nell’ambito dell’operazione “Mauser-scacco matto” per associazione finalizzata al narcotraffico, sequestro di persona e riduzione in schiavitù nei confronti della testimone di giustizia Giuseppina Multari. La donna, tra il 2005 e il 2006, era stata sottoposta da Cacciola a maltrattamenti e minacce di morte, poiché ritenuta responsabile del suicidio di Antonio Cacciola (fratello dell’interessato e marito della Multari) e per la sua dichiarata volontà di collaborare con la giustizia.

Le indagini, in definitiva, hanno accertato l’illecito accumulo di ricchezze da parte di Cacciola ed i tentativi di occultare le disponibilità economiche, per eludere la normativa antimafia in materia di misure di prevenzione patrimoniali.

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