Lo “spione” Zumbo: «Io, garante di un patto fra ‘ndrangheta e Stato»

Ci fu una ulteriore trattativa messa in piedi fra pezzi di istituzioni e cosche? A sentire le parole del commercialista in odore di servizi, pare proprio di sì. Tutti gli intrecci che lo vedono protagonista: dalla storica vicinanza al clan De Stefano, alla visita a casa del boss Pelle. Passando per i legami con Alberto Sarra. Che, ora, parla con i pm
di Consolato Minniti
16 gennaio 2017
15:46
La Questura di Reggio Calabria
La Questura di Reggio Calabria

«Il mio ruolo era quello di garantire un patto a garanzia di un altro. Ho fatto da tramite tra le cosche e lo Stato». È il 20 ottobre 2011 e Giovanni Zumbo “lo spione” si trova rinchiuso in carcere, dopo essere finito al centro di più inchieste della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Parla con la moglie, probabilmente ignaro di essere intercettato. Le sue frasi pesano come macigni, soprattutto oggi, alla luce di quanto emerso con il maxi processo “Gotha”, che la Dda di Reggio Calabria sta istruendo, mettendo insieme le indagini più importanti dell’ultimo anno.

 


È un uomo in odore di servizi, il commercialista reggino. Più volte ha avuto contatti con gli 007 dello Stretto. Ma anche con la stessa magistratura. Zumbo, infatti, è un amministratore giudiziario. Uno che ha accesso a carte molto riservate. E non è certo un caso che sia riuscito ad inserirsi così bene nei meandri della Giustizia. È quello il suo ruolo: un uomo che sta al centro fra lecito e illecito, fra Stato e antistato. Lui discute, media, informa, tratta. Garantisce.

 

Il legame con Alberto Sarra. Ma chi è davvero Giovanni Zumbo? Il suo curriculum ci racconta di un passato fatto anche di attività istituzionale all’interno di palazzo Campanella. Zumbo è stato, infatti, nella struttura dell’ex sottosegretario regionale, Alberto Sarra, ritenuto dagli inquirenti il componente della cupola massonico-mafiosa che ha governato le sorti della città dello Stretto per lunghi anni. Il legame fra Zumbo e Sarra è talmente solido che i pubblici ministeri, nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, indicano lo “spione” come uomo infiltrato nelle istituzioni da Sarra e da un altro componente dei “riservati”, Francesco Chirico”, allo scopo di acquisire e sfruttare informazioni riservate provenienti da apparati informativi ed istituzionali.

La vicinanza ai servizi segreti e l’auto con le armi. Il commercialista reggino, questo è un dato ormai acquisito come certo, ha avuto un ruolo non secondario anche in seno ai servizi segreti di stanza a Reggio Calabria. La conferma è arrivata anche ufficialmente. Non che ne abbia fatto parte attiva, ma ne è stato una componente “esterna”. Pur tuttavia fondamentale nel gioco dei pesi e dei contrappesi esistenti in una città delicata come quella dello Stretto. Era uno che passava informazioni, Zumbo. Lo sa bene l’appuntato dei carabinieri Roberto Roccella che con Zumbo aveva un rapporto assai stretto. A tal punto da farsi passare una dritta non da poco nel gennaio 2010, a poche settimane dall’attentato alla Procura generale di Reggio Calabria. Come accertato dal processo “Piccolo carro”, infatti, Zumbo indica a Roccella la presenza di un’auto con delle armi nel tragitto che l’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, deve compiere dopo la sua visita a Reggio Calabria.

Si scoprirà, solo più tardi che quella è una messinscena architettata dal boss Giovanni Ficara per colpire il cugino Pino ed eliminarlo dalla scena criminale. Per quel fatto, Zumbo verrà processato e condannato a 11 anni di reclusione in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Ma è il legame con Giovanni Ficara ad assumere significato ulteriore.

La notizia spifferata al boss Pelle di San Luca. Perché è proprio il boss di Saracinello ad accompagnare Zumbo da un altro pezzo da novanta della ‘ndrangheta jonica: Giuseppe Pelle “Gambazza”. Sono i mesi che precedono l’inchiesta Crimine e Giovanni Zumbo dimostra di conoscere alla perfezione il contenuto degli atti, tanto da anticipare a Pelle diversi passaggi. E in quelle conversazioni nella casa di Bovalino, la microspia (poi all’improvviso spenta) capta frasi che confermano quanto oggi sta venendo fuori: «Ho fatto parte di… e faccio parte tuttora di un sistema che è molto, molto più vasto di quello che (…) ma vi dico una cosa e ve la dico in tutta onestà: sunnu i peggio porcarusi du mundu e io che mi sento una persona onesta e sono onesto e so di essere onesto… molte volte mi trovo a sentire… a dovere fare… non a fare a fare, perché non me lo possono imporre, ma a sentire determinate porcherie che a me mi viene il freddo».

Quella visita dal boss «non doveva uscire». Il commercialista parla di una persona «scesa da Roma», la quale avrebbe riferito allo “spione” di un’operazione, «quella famosa». Si tratta di “Patriarca”, divenuta “Il Crimine”. Poi riprende: «Patriarca, lo sapeva che c’era di mezzo Patriarca perché era combinata dai carabinieri, figurati se non lo sapeva… come lui sapeva che mi ha infangato sul fatto di Latella, che io sapevo che questo, quell’altro… che le intercettazioni… io non sapevo niente». Sempre riferendosi alla stessa persona “romana”, Zumbo aggiunge: «Lui è uno che ha creduto in me e crede in me, solo che non mi può aiutare perché…». Il perché è incomprensibile anche per il perito. Ma la talpa non ha dubbi: «Mi avevano garantito che non doveva uscire questa cosa (…)». La “cosa” di cui parla Zumbo è la visita a casa di Giuseppe Pelle. Secondo Zumbo, dunque, la sua presenza doveva rimanere segreta, ma qualcuno avrebbe fatto «il doppio gioco». Anzi, di più: «Questo è stato fatto apposta! L’hanno fatto apposta! Francesca, l’hanno fatto per bruciarmi, non lo so, io ti dico i fatti come sono e i fatti sono così! È inutile che facciamo questi discorsi». Zumbo non si dà pace: «La giustifico con il fatto che secondo me avevano… o volevano sicuramente fottermi… e poi ci sono riusciti. Oppure volevano arrivare a qualche altro obiettivo che io non riesco a capire». Qualcuno disse al commercialista che doveva «parlare con chi lo teneva, di fatto con chi si occupava, quindi io dovevo entrare prima nelle grazie di…».

Una nuova trattativa? Sono diversi gli interrogativi che sorgono, rielaborando le parole di Zumbo, anche alla luce di ciò che sta venendo fuori dall’inchiesta “Gotha”. Chi aveva garantito l’impunità a Zumbo? Ma soprattutto, c’era di mezzo una ulteriore trattativa, magari per arrestare un latitante, del quale Zumbo doveva avere informazioni in un momento successivo alla sua visita in casa Pelle?

Abbiamo visto già come il maxi processo “Gotha” porti con sé alcuni germi d’inchiesta piuttosto interessanti. Quello che desta maggiore scalpore è certamente riferibile alla presunta trattativa che s’instaurò fra pezzi di Stato e ‘ndrangheta all’indomani della strage di Duisburg. Protagonisti di quella vicenda sono, secondo l’accusa, personaggi come l’avvocato Antonio Marra e il sacerdote don Pino Strangio. Il primo è ritenuto il braccio destro di Paolo Romeo, uomo molto vicino alla cosca De Stefano. Il secondo, si legge nei capi d’imputazione, avrebbe fatto da mediatore fra Stato e clan, garantendo lo scambio d’informazioni e permettendo ad alcuni soggetti ‘ndranghetistici di “pilotare” operazioni di polizia giudiziaria.

Ora, sia Zumbo che don Strangio finiscono nel medesimo procedimento, nel quale – si badi – ci sono anche esponenti molto vicini alla famiglia De Stefano. Proprio come Giovanni Zumbo.

Il pentito Fiume, i De Stefano e quel processo “aggiustato”. A riferire sui rapporti con il potentissimo clan di Archi, è il pentito Nino Fiume, durante il processo “Archi-Astrea”. «Chi era Giovanni Zumbo?», chiede il pm Lombardo. «Era una persona che ha sempre frequentato gli ambienti tra... in quel periodo, Giampiero Grillone, Nino Cama, tanti altri ragazzi – spiega Fiume – che erano stati nel periodo del lutto, dopo la morte di Paolo De Stefano. A me non e? mai piaciuto, non piaceva come ragazzo, perché in determinati discorsi lui era - voglio dire – invadente, nel senso che se c’era Carmelo Caminiti o Zema Silvio, Zema o altri, a lui interessava capire come funzionavano le tecniche della affiliazione. Cioe?, era un po’ per queste cose qua. E io lo tenevo un po’ alla larga. Ad un certo punto... Era un ragazzino di quelli... ecco, devo dire una cosa in dialetto e la spiego in italiano, perche? alcune cose – no? – Le ho sempre detto, Dottore, che cioe? una parola detta in dialetto poi in italiano puo? avere un altro significato. Era uno che “si nacava” ecco! (…)“Si nacava”: e? uno che si vanta di essere amico dei De Stefano, oppure ad un certo punto, siccome... si entra nelle privacy, Dottore. Comunque... siccome Giuseppe De Stefano aveva anche avuto una relazione sentimentale con sua zia, Mariolina Zumbo…».

 

Il pentito parla molto di Zumbo e specifica un fatto assai significativo: un procedimento finalizzato ad una confisca nei confronti del clan, per il quale Zumbo intervenne: « Era la causa seguita dall’avvocato Grillo. E nella causa – spiega - ci sono stato pure io al Tribunale, quando si doveva discutere di questo, il Giudice... del Giudice Giglio, e... che aveva in mano anche le cose... il Giudice Foti. E allora noi... Io, tramite, Pino Scaramozzino, che era amico dell’avvocato Mario Giglio, e tramite Gianni Zumbo , avevamo gia? tutte le carte in mano di quello che si doveva discutere e la cosa ando? bene. Il fatto e? che Gianni Zumbo aveva un incarico che lui poteva accedere al Tribunale e poteva avere le carte di tutto. Lui addirittura si vantava di essere amico del Giudice Foti, che avevano la stessa villa a Condofuri, pero? nello stesso tempo aveva gia? in mano tutto e proprio rivolgendosi a me nel periodo che poi andava a mangiare gratis a “L’Oasi”, dice: “Per Peppino – che era Peppe De Stefano – questo e altro!” Era uno che si era messo a disposizione sotto questo aspetto».

 

Sollecitato dalle domande del pm Lombardo, Fiume ricorda che si era negli anni ’98-’99.E qui arriva un interessante scambio di battute fra pm e teste.

Fiume: Io ricordo questo fatto, perchè poi, ragionando con Giuseppe De Stefano, in un momento che lui... quando poi ha avuto – diciamo – quella carica piu? alta, c’era un periodo che avrebbe voluto estorcere anche degli Avvocati ed è nato fuori il nome dell’avvocato Grillo e io mi ero accorto, per dire... suo figlio Piero l’ha difeso in questa causa e non si è nemmeno pagato, (inc. pronuncia affrettata) gli ha regalato un telefonino. E' vero che Gianni Zumbo ha fatto questo e anche l’Avvocato... l’anziano Avvocato Giglio – quello che aveva lo studio vicino alla Caserma dei Carabinieri, perchè c’eravamo recati di lui e disse: “Io non conosco bene i figli di Paolo De Stefano, però Paolo De Stefano è una persona seria, se posso fare qualcosa per mio nipote – sarebbe a dire: il Giudice Giglio – metterò una buona parola, però già le cose le aveva – come dire? – sistemate...

Pm: Cioè, Fiume, Lei sta dicendo...

Fiume: le aveva...

Pm: Lei sta dicendo che ha riscontrato direttamente circostanze che collegavano Zumbo ai De Stefano e in parte anche ai Giglio?

Fiume: Sì, e avevamo... l’appuntamento per avere le carte lo avevamo avuto in una sede che aveva a che fare non col Tribunale, sempre distaccata dal Tribunale, vicino dove c’è lì l’Aula Bunker, ehm dove c’ha (inc. pronuncia affrettata) Paolo Vilardi, c’era una sede, un ufficio della Procura, non so che è, e lì mi ero recato e già Mario Giglio era già lì, che ci aveva detto che Gianni stava venendo a sistemare la cosa, Gianni: riferito a Gianni Zumbo».

La triangolazione pericolosa: Marra-Sarra-Zumbo. Riannodando le fila di questo lungo discorso, si può certamente ritenere che il ruolo di Giovanni Zumbo è stato ben più delicato di quello emerso sino a questo momento. La sua vicinanza al clan De Stefano è cosa ormai acclarata, come nota è la sua attività anche a favore di apparati dello Stato. Qualcosa che somiglia tantissimo alla posizione delineata dalla Procura per l’avvocato Antonio Marra, anch’egli ritenuto personaggio in grado di “lavorare” a cavallo fra Stato e ‘ndrangheta in quel di San Luca. In tutto ciò, rimane un fattore comune fra Zumbo e Marra: Alberto Sarra. Un anello di congiunzione non indifferente. Uno di quelli che persino il boss Giuseppe De Stefano temeva, per la sua nota vicinanza ai servizi. «Se lo vedo cambio strada», disse al pentito Nino Fiume. Oggi Sarra sta parlando con i magistrati e, al di là degli aspetti meramente politici, che gli sono certamente più congeniali (ma di sicuro meno "dannosi"), potrebbe avere molto altro da raccontare riguardo le dinamiche criminali sino ad oggi sconosciute. Ed è per questo che il processo “Gotha” potrebbe regalare non poche sorprese. Magari svelare anche cosa c’è dietro questa complessa ricostruzione e chi fu a decidere di inviare Zumbo da Pelle, così come per conto di quale personaggio furono messe in piedi trattative ad altissimo rischio fra ‘ndrangheta e pezzi di Stato.

 

Consolato Minniti

Giornalista
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