‘Ndrangheta e Cosa Nostra: rispunta il summit a Nicotera

I siciliani avrebbero chiesto ai calabresi un aiuto per la strategia stragista del 1993. Una richiesta su cui manca ad oggi una verità giudiziaria
di Giuseppe Baglivo
26 luglio 2017
15:42
Strage Georgofili
Strage Georgofili

Si torna a parlare del presunto summit a Nicotera Marina che si sarebbe tenuto nel 1993 fra esponenti della ‘ndrangheta calabrese e di Cosa Nostra siciliana, negli atti dell’inchiesta “’Ndrangheta stragista” portata oggi a termine dalla Dda di Reggio Calabria. Non si tratta di alcuna novità, essendo la circostanza emersa per la prima volta nelle carte dell’operazione “Galassia” condotta nel 1995 dalla Dda di Catanzaro (pm Giancarlo Bianchi e Salvatore Curcio) contro i clan della Sibaritide e poi anche nelle carte dell’operazione “Genesi” contro il clan Mancuso, scattata sempre ad opera della Dda di Catanzaro (pm Luciano D’Agostino) nell’agosto del 2000. In nessuna delle due sentenze – Galassia e Genesi ­– è stato però speso un solo rigo da parte dei giudici dei Tribunali di Cosenza e Vibo Valentia per capire se il racconto del summit, fatto per primo dall’ex boss di Cosenza Franco Pino, sia veritiero o meno. Neanche nello storico processo “Tirreno” contro i clan Piromalli e Molè di Gioia Tauro, Mancuso di Limbadi, Albanese di Candidoni e Galati di Mileto, la Corte d’Assise a Palmi a metà anni ’90 si è pronunciata su tale presunto summit, nonostante pure in tale processo il collaboratore Franco Pino abbia raccontato dell’episodio.

 


Le dichiarazioni di Franco Pino

Secondo l’ex capo dell’omonimo clan di Cosenza, legato a doppio-filo con il clan Pesce di Rosarno e il clan Piromalli di Gioia Tauro, nel 1992 subito dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio in cui persero la vita i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, oltre agli uomini della scorta ed a Francesca Morvillo, moglie di Falcone, alcuni esponenti della famiglie palermitane e corleonesi di Cosa Nostra avrebbero chiesto alla ‘ndrangheta calabrese di appoggiare la “strategia stragista” su tutto il territorio nazionale pensata dalla mafia siciliana e poi attuata nel 1993 con le stragi di via dei Georgofili a Firenze (maggio 1993, cinque morti) e di via Palestro a Milano nei pressi della Galleria d’arte moderna (27 luglio 1993, cinque morti) e gli attentati a Roma alle chiese di San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro. La richiesta dei siciliani ai calabresi sarebbe arrivata – secondo Franco Pino - nel corso di un presunto summit che si sarebbe tenuto all’interno di un villaggio turistico di Nicotera alla presenza, oltre al boss di Cosenza ed al suo braccio destro Umile Arturi, dei boss Giuseppe Farao e Cataldo Marincola di Cirò Marina, Santo Carelli di Corigliano, Franco Coco Trovato di Marcedusa ma a capo della ‘ndrangheta in provincia di Lecco, uno dei figli del defunto boss di Reggio Calabria Paolo De Stefano, Antonino Pesce di Rosarno, Pantaleone Mancuso e Luigi Mancuso, “padroni di casa”.

 

"Strategia stragista"

Nel corso dell’incontro i siciliani di Cosa Nostra avrebbero chiesto ai mafiosi calabresi di dargli una mano nella “strategia stragista” contro lo Stato su tutto il territorio nazionale per indurlo a modificare la legge sui pentiti ed attenuare il 41 bis, il carcere duro contro i boss. I calabresi, secondo Franco Pino, ascoltarono i siciliani senza dare alcuna risposta. Franco Pino ne avrebbe poi parlato con Luigi Mancuso il quale si sarebbe dimostrato contrario a seguire i siciliani su tale fronte, al pari degli altri boss calabresi. A Franco Pino si è poi aggiunto nel racconto di tale presunto summit anche Antonino Fiume del clan De Stefano di Reggio Calabria che ha però ha indicato quali partecipanti alla riunione personaggi parzialmente diversi da quelli indicati da Franco Pino.

 

A distanza di 22 anni, nell’odierna operazione “’Ndrangheta stragista” viene quindi “rispolverato” dalla Dda di Reggio Calabria il presunto summit di Nicotera per dimostrare “l’unitarietà della ‘ndrangheta ovvero – scrivono i magistrati reggini – il suo atteggiarsi a forza mafiosa che verso l'esterno si presentava unita e compatta".

 

Altre riunioni, secondo la Dda reggina, si sarebbero svolte nella zona del "mandamento tirrenico" della 'ndrangheta ovvero Rosarno, Oppido Mamertina e Melicucco in ambiti territoriali sottoposti alla giurisdizione criminale dei Mancuso, dei Piromalli, dei Pesce e dei Mammoliti. Questo quanto si legge nelle carte della nuova inchiesta scattata oggi. Inchiesta nuova, ma con materiale su tale fronte per nulla inedito rispetto a quanto già conosciuto da oltre un ventennio. Nella speranza, questa volta, che ci sia un Tribunale che in sentenza dica una volta per tutte se ci sono elementi per affermare quanto da anni ipotizzato dagli inquirenti.

 

Giuseppe Baglivo

Giornalista
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