Il naufragio della Social Innovation travolge anche i ricercatori cosentini

Bloccato da oltre un anno il progetto della Urban Generation. Inattive le infrastrutture tecnologiche montate tra Cosenza e Rende
di Salvatore Bruno
17 giugno 2017
08:33
Social Innovation, Cosenza
Social Innovation, Cosenza

L’illusione dell’Urban Generation è durata lo spazio di poche settimane. Quelle necessarie per l’installazione dei totem previsti dal progetto vincitore del bando “Social Innovation” riservato alle regioni meridionali dell’obiettivo convergenza.

 


L’idea era quella di creare un social network nell’area urbana Cosenza-Rende, stimolando il cambiamento dei modelli comportamentali, per introdurre all’utilizzo di nuove tecnologie, in particolare sul piano della mobilità. Questi apparecchi, ce ne sono diversi tra il capoluogo bruzio, la città del Campagnano e l’Università della Calabria, dovevano connettere e stimolare i cittadini. In più, ogni totem era dotato di un defibrillatore per i casi di emergenza.

L’idea di selezionare giovani ricercatori con meno di trent’anni e di affidare loro la realizzazione di infrastrutture tecnologiche innovative nelle città del sud è del Ministero dell’Istruzione, guidato nel 2012 da Francesco Profumo.

Cinquantadue i progetti di qualità selezionati tra Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Cinquantadue progetti miseramente naufragati: per facilitare le procedure il Ministero ha acquisito la proprietà dei beni necessari ad attuare concretamente i progetti, nel caso di Cosenza delle diverse paline ad alta tecnologia disseminate in città, rendendosi conto soltanto in una seconda fase di aver violato le norme sugli appalti.

Bisognava passare dalla Consip, la centrale a cui tutti gli organi della pubblica amministrazione devono rivolgersi per comprare beni e servizi.

 

Risultato? Fondi bloccati, progetti sospesi, aspettative tradite e decine di giovani, compresi i cosentini della Urban Generation, rimasti intrappolati in un limbo senza via d’uscita e, in qualche caso, pieni di debiti. Una beffa per i ricercatori costretti anche a cedere allo Stato i diritti di proprietà intellettuale. 

Ci hanno messo la faccia e si ritrovano con un pugno di mosche. La patata bollente adesso è nelle mani del ministro Fedeli. In attesa di individuare una soluzione però, gli apparati tecnologici innovativi rischiano di diventare obsoleti e di attrarre soltanto le ragnatele. 

 

Salvatore Bruno

Giornalista
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