Arresti nel Vibonese, spaccio via WhatsApp: il mercato della droga diventa 2.0

Fondamentali ai fini delle indagini l’analisi delle conversazioni della chat sul telefono di un giovane fermato nel 2015. In alcuni casi lo stupefacente veniva pagato con ricariche sulla carta Postepay
di Redazione
26 giugno 2017
12:19
La conferenza stampa a Vibo Valentia
La conferenza stampa a Vibo Valentia

Hashish, marijuana e cocaina nelle piazze di Serra San Bruno e Soverato: la rete di spaccio smantellata dai carabinieri poteva contare su solidi canali di approvvigionamento e su una capillare distribuzione sul territorio. Il tutto coordinato attraverso uno strumento comunissimo quanto fallace: una chat di WhatsApp.

 


Ed è stato proprio il noto dispositivo di messaggistica a tradire i componenti dell’organizzazione smantellata questa mattina dai carabinieri di Serra San Bruno che hanno notificato 14 misure di custodia cautelare ai domiciliari ad altrettanti indagati, mentre altri due rimangono a piede libero.

 

Il tutto prende il via dal fermo di Davide Tassone, giovane di Serra San Bruno sorpreso nel 2015 alla guida della sua auto con oltre 70 grammi di marijuana occultata nello sportello della vettura. Dal sequestro e dalla successiva analisi del suo telefono cellulare, i carabinieri del Norm di Serra San Bruno, guidati dal luogotenente Massimiliano Staglianò, sono riusciti a ricostruire l’intera rete di spaccio e ad individuarne i componenti.

 

Non un vero e proprio gruppo né un’associazione verticistica, è stato detto questa mattina in conferenza stampa in Procura a Vibo, alla presenza del procuratore Bruno Giordano, del pm Filomena Aliberti e del comandante della Compagnia di Serra San Bruno, Mattia Ivan Losciale, ma persone, giovani e giovanissimi, dedite allo spaccio che s’interfacciavano tra loro. I più attivi erano proprio Tassone, Musolino e Mamone. Attivi al punto che il gip li definisce “la triade”, vale a dire coloro che tiravano le fila del meccanismo di spaccio. Marginale rispetto agli altri indagati, invece, il ruolo di Emanuele Mancuso, 29enne figlio di Pantaleone “l’ingegnere”, l’unico dei destinatati del provvedimento restrittivo allo stato irreperibile.

 

Grazie all’esame delle chat, ai successivi rilievi fotografici e agli appostamenti effettuati, ai carabinieri è stato possibile ricostruire i movimenti degli indagati, documentare lo scambio di droga e denaro tra spacciatori e consumatori nonché individuare alcune piantagioni di marijuana. È stato inoltre accertato che i pagamenti sono in alcuni casi avvenuti attraverso la ricarica di carte Postepay.

 

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