STIGE | L’escalation politica e imprenditoriale dei Siciliani all’ombra dei clan

Arrestati i fratelli Roberto, Nevio e Mario Siciliani. Dalle cantine vinicole alle elezioni, dagli immobili ai rapporti con i Farao-Marincola
di G. B.
9 gennaio 2018
17:18
Roberto, Nevio e Mario Siciliani
Roberto, Nevio e Mario Siciliani

 Ci sono anche i fratelli imprenditori e politici della famiglia Siciliani di Cirò Marina fra gli arrestati dell’operazione antimafia “Stige”: Roberto Siciliani, 58 anni, attuale consigliere comunale di Cirò Marina, già primo cittadino del paese; Nevio Siciliani, 56 anni, già consigliere comunale ed assessore; Mario Siciliani, 57 anni. Secondo l’accusa, si sarebbero resi intestatari di beni immobili, anche attraverso l’impresa “Ionica Immobiliare Srl”, con sede a Cirò Marina, ed imprese per conto della consorteria, mettendo gli immobili a disposizione della consorteria che vi avrebbe installato attività imprenditoriali. Altri immobili sarebbero stati messi a disposizione quali dimore dei dirigenti, specie se detenuti, e dei loro stretti congiunti”. Avrebbero rappresentato uno dei “collanti con l’amministrazione comunale di Cirò e provinciale di Crotone”.

 


“Per quanto concerne Siciliani Nevio, Roberto e Mario - scrivono gli inquirenti - occorre partire dal rapporto annoso che il di loro padre Giuseppe ha stretto, in un primo momento, con Nick Aloe e “successivamente con i fratelli Giuseppe e Silvio Farao e Cataldo Marincola”. Nel processo nato dall’operazione “Galassia” del 1995, Giuseppe Siciliani è stato assolto. “Il rapporto esclusivo - sottolinea ora la Dda - è costato la vita a Nick Aloe, ucciso perché accusato di non condividere le utilità amministrate per suo conto da Giuseppe Siciliani”.

 

Dopo la morte di Nick Aloe, ritenuto il vecchio boss di Cirò, stando alla ricostruzione della Dda di Catanzaro, i “Siciliani sono finiti per essere controllati dai fratelli Farao da Cataldo Marincola”.

 

Nevio, Mario e Roberto Siciliani alla morte del padre Giuseppe, datata 6 luglio 2008, ad avviso degli investigatori sarebbero divenuti “co-eredi di un importante patrimonio immobiliare. Buona parte delle imprese - spiega la Dda - che si è dimostrato essere di ‘ndrangheta, sono allocate sugli immobili messi a disposizione dai Siciliani i quali “lungi dal limitarsi a detenere la bacinella immobiliare della cosca, costituiscono, per la cosca stessa, il collante con i pubblici uffici”.

La politica e i clan

La stessa elezione in Consiglio comunale di Nevio Siciliani, risalente al 2006 (ha poi ricoperto incarichi importanti da assessore), secondo gli inquirenti “non solo è stata determinata dall’apporto di voti fondamentale della cosca, ma ha consentito tutta una serie di condotte dei pubblici ufficiali che hanno favorito la cosca cirotana. Le vicende di Nevio fanno il paio con quelle di Roberto il quale, sempre con l’apporto dei voti della cosca, finisce per essere il sindaco di Cirò Marina fra il 2011 e il 2015, dopo avere, in passato ricoperto l’incarico di Presidente del Consiglio Provinciale di Crotone”. Quanto a Mario Siciliani, secondo i magistrati avrebbe promosso unitamente ai cirotani, le candidature dei fratelli Nevio e Roberto e, addirittura, si presta - sottolineano gli inquirenti ad accompagnare a Milano Cataldo Marincola allorchè questi stava per essere attinto dall’ordine di cattura che ne causa una lunga latitanza”.

 

Mario Siciliani “quale intraneo alla cosca, nel 2006 riporta inoltre al sindaco Parrilla e al fratello Roberto, Presidente del Consiglio Provinciale, i desiderata di Vincenzo Pirillo”, quest’ultimo ritenuto esponente di spicco del clan Farao, in ordine alla scelta dell’impresa “che avrebbe dovuto occuparsi dell’appalto di smaltimento dei rifiuti solidi urbani”.

 

La Dda ed il gip tengono poi a rimarcare che non è possibile neppure obiettare che nell’ultima consultazione elettorale Siciliani Roberto si è contrapposto a Parrilla Nicodemo che, nel 2016, è stato eletto sindaco quale espressione della consorteria” ed oggi pure lui arrestato, oltre ad essere il presidente della Provincia di Crotone. Ciò perché le intercettazioni chiariscono che è stato lo stesso Roberto Siciliani a “rifiutare l’appoggio della cosca poiché spaventato dal fatto che aveva saputo che gli stessi accoscati avevano determinato il suo decadere dall’incarico di sindaco per il tramite delle dimissioni in massa dei consiglieri comunali”. In altre parole, Roberto Siciliani, spaventato, si sarebbe ritirato inscenando “delle clamorose, quanto false - spiegano gli investigatori - prese di distanza dalla cosca anche per il tramite della di lui sorella Patrizia”.

Le cantine “Siciliani” e il boss Marincola

 Ad ulteriore conferma dei legami fra il clan di Cirò e la famiglia Siciliani, per gli investigatori sono significativi alcuni dati: l’impresa “Cantine Siciliani S.r.l.” annoverava tra i suoi dipendenti sia il boss Cataldo Marincola, sia la moglie di questi Sestito Felicia.

 

Inoltre, restando allo specifico settore della commercializzazione del vino, con atto del 28 maggio 2001 la famiglia Siciliani, secondo la ricostruzione degli investigatori, costituiva la società “Cantine Siciliani S.r.l. che insediava lo stabilimento di produzione in parte di un fabbricato di Cirò Marina di proprietà degli stessi fratelli Siciliani. La restante parte dello stesso immobile sede delle “Cantine Siciliani” era stata invece destinata “alle attività dell’impresa (Universal Distribution) intestata - rimarca la Dda - ad Aloe Lucia, moglie dell’affiliato di rilievo Cariati Martino, cognato di Spagnolo Giuseppe, alias Peppe u’ bandito”. Sia Cariati che Spagnolo sono stati arrestati.

 

G.B.

Giornalista
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