INTERVISTA | Falcomatà, sindaco della città più renziana d'Italia, è pronto ad entrare in segreteria nazionale

Il primo cittadino invita all'unità del partito per il riscatto della Regione, chiede l'accelerazione sui congressi e spiega quanto avvenuto con la nomina di Scuglia
di Riccardo Tripepi
10 maggio 2017
11:14
Il sindaco di Reggio, Giuseppe Falcomatà
Il sindaco di Reggio, Giuseppe Falcomatà

Alle ultime primarie del Pd Reggio Calabria è stata la città più renziana d’Italia, in controtendenza anche rispetto al dato sulla partecipazione. In riva allo Stretto si è registrato anche un aumento del numero dei cittadini che si sono recati alle urne a fronte di una generale diminuzione.

 


Il sindaco Giuseppe Falcomatà si gode il momento e viene dato tra i papabili primi cittadini in odore di entrare nella segreteria nazionale che Renzi sarà chiamato a comporre nei prossimi giorni.

 

La mozione Renzi ha stravinto in Calabria dove è avvenuto il miracolo dell’unificazione del partito in unica lista. Si aspettava questo risultato e quale processo politico ha portato a questa unità?

 

«Non parlerei di miracolo anche perché il partito regionale, così come quello della Citta Metropolitana, già negli appuntamenti del recente passato ha dimostrato unità. Ad esempio nel caso delle elezioni dell’8 agosto per il Consiglio metropolitano dello scorso anno che hanno visto riuniti Democratici per Reggio Metropolitana tutte le anime del partito democratico. Non in una semplice suddivisione degli slot nella lista, ma nella convinzione che l’Ente che nasceva in quel momento doveva nascere con spalle forti e il Pd doveva dimostrare di avere la forza per gestire quel processo, così come è successo. Altra dimostrazione è stata data con il rimpasto della giunta comunale e poi con il referendum costituzionale, anche se poi lì sono subentrate dinamiche diverse che hanno portato al risultato che conosciamo. E quindi, in ultimo, i buoni risultati ottenuti alle primarie per questo congresso da rilevare sia in termini percentuali, che in termini di valore assoluto di partecipanti a queste primarie. Se a livello nazionale hanno votato due milioni, e quindi un milione in meno rispetto alle scorse primarie, comunque un buon risultato, Reggio è in controtendenza perché aumenta i partecipanti rispetto al 2013. Considero questo un voto di fiducia ma anche una rappresentazione di volontà a costruire e ricostruire il partito nella nostra Regione e nella Città Metropolitana».

 

A Reggio il risultato migliore d’Italia. Si rafforza ancora il suo rapporto con Renzi, peraltro già solidissimo come dimostrato dalla “passeggiata” in via marina. Tutti dicono che entrerà in segreteria nazionale. Si aspetta la chiamata?

 

«Il rapporto con Renzi è ottimo e non è solo politico ma anche personale. La chiacchierata che c’è stata in via marina è stato un modo per confrontarsi sullo stato attuale della politica nazionale, ma anche della politica cittadina uno scambio di vedute personali su altri temi, compreso come quello legato alla costruzione del nuovo Pd. L’idea di Renzi è quella di dare spazio a nuove energie radicate sui territori. Oggi i soggetti politici che godono ancora della fiducia dei cittadini sono i sindaci che quotidianamente riescono ad avere rapporti con loro e con le associazioni. L’obiettivo di Renzi è quello di cucire una rete di sindaci che diventino insieme narrazione nazionale e possano costruire insieme il programma del Pd in vista delle prossime elezioni. Tutto ciò a prescindere dai nomi. Se tra i soggetti ci dovessi essere io, mi metterei a disposizione, altrimenti continuerei ad impegnarmi come ho fatto fino ad ora».

 

Ma dopo le primarie ha sentito Renzi? Le ha fatto i complimenti?

 

«Sì, ci siamo sentiti. Ci siamo scambiati reciproci complimenti. Lui è una persona attenta alle attività locali. Non poteva non essere contento».

 

La lista degli eletti nella direzione nazionale per la Calabria la trova equa? Degli oliveriani non c’è traccia…

 

«Non conosco i criteri che hanno determinato le scelte per la direzione nazionale. Ritengo però che avere 11 rappresentanti calabresi in una direzione di 120 rappresentanti, significa che la Calabria è rappresentata al 10% all’interno di questa direzione nazionale. Un organo che contribuisce a prendere decisioni importanti per il futuro del Paese e per il futuro del partito. Anche la scelta di inserire molti giovani mi pare un buon inizio per questo nuovo Pd».

 

Ci potrebbero essere strascichi per il futuro del partito in Calabria? Che fase si apre adesso? Si può tornare alle contrapposizioni del passato come quella per la segreteria che vide lo scontro tra Magorno e Canale?

 

«Credo sia arrivato il momento per il Pd calabrese di dimostrare maturità e autorevolezza e diventare classe dirigente in grado di rappresentare bene questa Regione. Altrimenti non ci dovremo lamentare se la Regione continuerà ad essere terra di conquista per scranni elettorali in Parlamento, come avvenuto nel recente passato. Serve unità di intenti anche se ci sono visioni diverse. Renzi lo ha detto nel suo discorso di insediamento: gli avversari stanno fuori, dentro ci sono i compagni di partito».

 

Renzi ha più volte parlato di riorganizzazione del partito, con particolare riguardo alle Regioni meridionali. Immagina anche un rinnovamento della segreteria regionale?

 

«La segreteria regionale andrà a scadenza a breve e necessariamente si aprirà una fase nuova. Dobbiamo capire i tempi per aprire la fase congressuale a livello regionale. Ma se i congressi regionali dipendono dal nazionale, i congressi provinciali possono partire in autonomia. Non si può più aspettare o dare l’impressione che il Pd sia un comitato elettorale che si riunisce solo per l'elezione del segretario o la realizzazione delle liste per le amministrative. Il partito deve essere radicato sul territorio, fare da antenna per le attività messe in campo dai governi e fare da scudo dagli attacchi strumentali che spesso arrivano dalle opposizioni. Quindi da subito occorre aprire la fase del congresso a livello metropolitano».

 

A livello provinciale però il partito è ancora commissariato. Che tempi per il congresso e che percorso immagina?

 

«I tempi dipendono soltanto da noi. Va anche valutato l’orizzonte delle elezioni politiche, ma non si deve aspettare troppo per non perdere l’entusiasmo che è stato dimostrato alle ultime elezioni primarie. I cittadini hanno dimostrato di voler essere coinvolti e di voler tornare a fare politica. Non avere un partito organizzato significa confondere il livello istituzionale con quello partitico, ingenerando pericolose ambiguità. Avere gli organismi di partito formati consente invece di formare la classe dirigente e anche le liste che non si devono inventare. Serve rivitalizzare i circoli, che potranno essere anche di meno rispetto al passato ma devono tornare ad essere attivi e a fare palestra politica. Dobbiamo essere un partito di sinistra con il quale il popolo si identifichi e nel quale abbia fiducia. Questa è una dichiarazione d’amore, un’attestazione di stima e una volontà ad essere chiamati all’impegno. Non perdiamo tempo ed entusiasmo per realizzare un partito che abbia queste caratteristiche».

 

Le scosse di assestamento interne al Pd potrebbero avere influenze sugli equilibri del governo regionale arrivato ormai a metà legislatura o accelerare i tempi del rimpasto di cui si parla dalla fine dell’anno scorso?

 

«Le decisioni a livello locale sono sempre connotate da ampia autonomia. Naturalmente a mio avviso, così come ho fatto io al rimpasto di giunta comunale, tutto va inserito all’interno di un ragionamento politico più ampio che riguarda la rappresentanza e la rappresentatività che ogni componente del partito deve avere nel governo del territorio. Non una semplice spartizione di slot, di posti all’interno di un esecutivo, ma una riflessione su quanto fatto fino ad ora atteso che siamo al giro di boa e una riconsiderazione generale sui correttivi che, eventualmente, si dovranno apportare».

 

La Città Metropolitana, invece, muove i suoi primi passi. Non senza difficoltà. A che punto siamo e quali speranze per Reggio?

 

«La Città Metropolitana è uno straordinario strumento di programmazione che deve avvenire su punti essenziali sui quali stiamo lavorando. Viabilità interna, trasporti in generale e poi un percorso di natura culturale ed educativa che parta dalle scuole e arrivi a riscoprire le nostre bellezze e le fonti di attrazione. Il quarto pilastro è il Piano strategico della Città Metropolitana che manderà in soffitta i vecchi piani regolatori comunali. Questi pilastri dovranno poi servire a creare una Comunità Metropolitana, dove da Rosarno a Monasterace tutti si sentano cittadini metropolitani senza differenze. Proveremo a ridurre il numero dei Comuni, procedendo a fusioni e consentendo ai Comuni più piccoli di erogare i servizi essenziali ai cittadini».

 

In tema di trasporti, però, l’aeroporto continua a versare in una crisi nera. Come state lavorando per salvarlo?

 

«Dobbiamo essere ottimisti. Entro la fine del mese si insedierà la Sacal. Il nuovo Cda ci dà fiducia, il presidente è un reggino (Arturo De Felice ndr) e una persona autorevole che saprà interpretare le esigenze di rilancio dello scalo reggino La crisi più generale di Alitalia rallenta il percorso di ripristino graduale dei voli per come si era stabilito durante lo scorso di mese di marzo. Occorre stringere i denti adesso e aspettare che la Sacal si insedi ufficialmente. Questo consentirà ai vettori che già volano su Lamezia o altri ancora di avere un interlocutore deputato a pianificare la strategia di riavvio dei voli anche nell’aeroporto di Reggio. La gestione unica regionale degli aeroporti ci consentirà inoltre di individuare l’aeroporto della Città Metropolitana come aeroporto non solo di rilevanza nazionale ma anche strategica nei prossimi piani nazionali. A tal proposti ricordo che stiamo per firmare con il sindaco di Messina Accorinti un protocollo d’intesa che intensificherà i collegamenti marittimi fra le due città. Questo anche per consentire ai cittadini di Messina e dalla Sicilia Orientale di avere convenienza a volare da Reggio».

 

Ce lo spiega lei cosa è successo con la nomina (presunta?) del segretario generale Scuglia a palazzo Alvaro?

 

 

«Quando c’è la necessità per il sindaco di nominare il segretario generale si inoltra apposita richiesta al ministero che pubblica la notizia sul proprio sito e dà un tempo per l’invio delle domande. Si tratta di una nomina fiduciaria del sindaco, ma il segretario rimane un dipendente pubblico, una figura ibrida fra politica e tecnica. Rispetto alle 21 domande presentate, ho effettuato colloqui con i profili che mi davano maggiore garanzia. Cosa fatta anche con il dottore Scuglia. Colloquio dal quale non è emerso quanto poi emerso sui giornali. Successivamente, a seguito delle opportune verifiche ministeriali, e di un successivo colloquio, si è ritenuto opportuno non continuare. La procedura si è fermata in un momento precedente al momento di nomina del segretario. Non si tratta dunque di un segretario nominato e poi revocato, ma una procedura che si è interrotta prima per ragioni di opportunità. Auguro al dottore Scuglia di uscire indenne dalla vicenda giudiziaria che lo ha coinvolto e spero che adesso si possa tornare ad occuparsi delle cose importanti per questa città».

 

Riccardo Tripepi

 

Giornalista
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