Direzione nazionale PD, Minniti sempre più leader e Pd calabrese sempre più a pezzi

La delegazione dell’area Renzi/Martina a Roma non si è mai riunita per approntare una strategia comune. Ognuno ha giocato per se. Il risultato, almeno sotto l’aspetto numerico è sotto gli occhi di tutti. Al netto dunque, di alcune grottesche piroette da circo, spacciate per profetiche, quanto sempliciotte analisi giornalistiche, il Pd che viene fuori da questa vicenda politica, è un Pd fragile, dilaniato da lotte personalistiche e senza prospettiva futura.
di Pasquale Motta
8 maggio 2017
23:36

La si può girare come si vuole ma la partita delle nomine nella direzione nazionale del PD, per la Calabria, è stata una sorta di débâcle a vantaggio delle dinamiche romane. Non è la prima volta che succede e c’è da ritenere che non sarà neanche l’ultima. Le dinamiche romane, in sostanza, hanno divorato le aspirazioni dei democratici calabresi di essere rappresentati con la dignità di gruppo dirigente. Alla fine hanno prevalso ancora una volta le logiche personalistiche.

 


La delegazione dell’area Renzi/Martina a Roma non si è mai riunita per approntare una strategia comune. Ognuno ha giocato per se. Il risultato, almeno sotto l’aspetto numerico è sotto gli occhi di tutti. Dalle indiscrezioni emerse dall’assemblea, l’unica area che si è riunita sul piano nazionale sembra sia stata quella di Martina. Il ministro dell’agricoltura, infatti, controlla 105 componenti dell’assemblea nazionale su circa i 700 complessivi.

 

L’unica nomina politica per la quale si è speso Martina a favore della Calabria, tuttavia, è stata quella di Enza Bruno Bossio. Mario Oliverio entra invece di diritto. L’incasso degli oliveriani si ferma a queste due nomine. Il resto della maggioranza renziana calabrese si è mossa in ordine sparso. Tradotto, significa che ognuno si è visto gli affari propri. Il ventre molle di una tale défaillance politica, ancora una volta, sembra essere stata la radicale inconcludenza del segretario regionale che, sulla carta avrebbe dovuto essere il capo delegazione della maggioranza che ha vinto il congresso.

 

La realtà invece, racconta un’altra storia: pare che a pochi minuti dalla comunicazione di Renzi alla platea dei nomi della nuova direzione, Ernesto Magorno, brancolava nel buio più assoluto e, a quanto sembra, pare abbia appreso i nomi dei componenti al momento della lettura alla platea. L’ex sindaco di Diamante, tra l’altro, entra in direzione come membro di diritto, in quanto segretario regionale. Grazie a questa provvidenziale norma, almeno per ora, Magorno salva il suo seggio nell’organo di governo del partito democratico nazionale. Il prezzo però è pesante. Il gruppo dirigente del PD calabrese, dunque, continua a non esistere. Le responsabilità sono chiare ed evidenti. Continuare a mantenere Magorno in quella postazione rende giorno dopo giorno meno credibili i protagonisti del pd calabrese.


Stefania Covello, attraverso Facebook ringrazia per la sua nomina Luca Lotti. A seguire, a leggere le altre nomine in seno all’organismo dei Dem, si comprende subito da quali aree e capicorrente provengono. Ernesto Carbone, con il sostegno del famoso “giglio magico” capitanato da Maria Elena Boschi, si trascina il parlamentare Ferdinando Aiello. La parte del leone però, tocca a Marco Minniti, ormai consacrato unico vero leader politico della Calabria e, saldamente, sulla plancia di comando del PD nazionale. E’ lui, infatti, che tira la volata oltre che a se stesso, alla nomina di Giuseppe Falcomatà, sindaco di Reggio Calabria, di Nicola Irto, Presidente del consiglio regionale e, ancora, a sorpresa, del fedelissimo Marco Schirripa. Il 36% della delegazione piddina alle nostre latitudini, dunque, è targata Minniti.

 

Un capolavoro di abilità politica e tattica. Alla fine, la delegazione calabrese della direzione nazionale, per circa il 72% è costituita da renziani doc. All’area di Oliverio alleata di Renzi sotto le insegne del Ministro Martina, rimane poca cosa. I passaggi di Minniti sono da manuale, dapprima ha impedito la differenziazione delle liste tra Martina e Renzi a favore del listone e, in occasione della nomina della direzione grazie al gioco dei criteri ha fatto nominare dirigenti di stretta osservanza minnitiana. Chapeau. Tuttavia nessuno può cantare vittoria.

 

La verità è che, tutta la galassia renziana calabrese è a pezzi e priva di una direzione politica autorevole. Basti pensare al fatto che interi territori sono rimasti privi di rappresentanza politica, come l'area centrale della Calabria, quella delle province di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia, penalizzando un parlamentare di peso come Brunello Censore, il quale, aveva portato all’area Renzi percentuali bulgare. I bene informati raccontano anche di un Sebi Romeo, capogruppo Dem al consiglio regionale, su tutte le furie per l’epilogo della nomine. "Se Atene piange, Sparta non ride".

 

E, infatti, mastica amaro anche Carlo Guccione, il quale dopo aver impiantato una vera e propria campagna sul buon risultato della mozione Orlando in Calabria, circostanza ripresa finanche dal Corriere della Sera, il consigliere regionale cosentino, alla fine, rimane fuori dall'organismo nazionale. Evidentemente il rumore mediatico che Guccione aveva messo in atto, ha lasciato indifferente l'inquilino di via Arenula. Guccione, alla fine rimane fuori dalla direzione nazionale. Emiliano, invece, premia il dirigente del circolo di Palmi, Dario Costantino, il quale, grazie al risultato delle primarie a Palmi dove ha trionfato la mozione del Presidente della Puglia, passa direttamente dal circolo della città della Varia e di Repaci, alla sede Dem, di Sant’Andrea delle Fratte.

 

A bocca asciutta anche i franceschiani e i seguaci di Guerini in Calabria, i quali pur avendo nomi di peso da spendere a partire dal parlamentare Nicodemo Oliverio, dei consiglieri regionali, Scalzo e Bevacqua e il commissario ISMEA ed ex parlamentare Franco Laratta, per nessuno di loro è stata trovata una collocazione in seno all’organismo dirigente nazionale. La radiografia che esce fuori dalla vicenda congressuale è questa, ultimo atto, la nomina, tra qualche giorno, della segreteria nazionale. I soliti tromboni dell’analisi giornalistica con la “curva”, quella fatta a favore di coloro che li finanziano e, contro, invece, coloro che non mettono mano al portafogli per finanziare il loro silenzio, farneticano di “PD che non ti aspetti”, facendo riferimento ad alcune nomine col crisma della novità. In realtà, al netto delle grottesche piroette da circo, spacciate per profetiche quanto sempliciotte analisi giornalistiche, il Pd che viene fuori da questa vicenda politica, purtroppo, continua ad essere un PD fragile, dilaniato da lotte personalistiche e, allo stato, senza prospettiva futura.

 

Una fragilità appena compensata dal consolidamento della leadership personale del Ministro degli interni, Marco Minniti, e che, da sola, non basterà all’affermazione di una dignitosa coscienza collettiva di partito che faccia nascere un credibile gruppo dirigente. Infine, un’ultima annotazione per quei notisti che ci descrivono come improvvisati anchormen. A loro consigliamo di stare sereni, a questi falsi paladini del giornalismo libero in salsa calabra, è appena il caso di ricordare che noi ci consentiamo sempre il beneficio del dubbio in questo mestiere, lo facciamo nelle critiche che formuliamo, nella informazione che produciamo e nelle indiscrezioni che valutiamo. Quel dubbio che, come sosteneva Cartesio, è la forma di pensiero più adatta al cosiddetto "cercatore di verità".

 

Il dubbio che, comunque, ci ha impedito di incorrere in clamorose figure da pirla, come quelle fatte da questi grandi maestri del giornalismo nato tra lo Zomaro e Africo. Basta ricordare di quando ci hanno raccontato di succulente cene del Ministro Boschi nella area del Savuto. Rivelatesi poi una marchiana bufala. Oppure, è appena il caso di ricordare la lezione sul Musaba, dispensata al Governatore Oliverio sulla sua presunta scarsa attenzione al museo di Mammola. Peccato che la lezione si basava su un evidente pesce d'aprile: la falsa visita dei reali d'Olanda. Aveva proprio ragione Bertrand Russell, “Il problema dell’umanità è che gli stupidi sono sempre sicurissimi (..)”.

 

Pasquale Motta

Giornalista
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