‘Ndrangheta e Juventus: Agnelli verrà ascoltato dalla Commissione parlamentare antimafia

Il legale della Juve, Luigi Chiappero, ha risposto alle domande di Rosy Bindi e di Marco Di Lello. E nell’inchiesta spuntano uomini dei clan Pesce e Bellocco di Rosarno
di G. B.
16 marzo 2017
15:47
Andrea Agnelli
Andrea Agnelli

E’ stato ascoltato oggi a Roma dalla Commissione parlamentare antimafia, presieduta da Rosy Bindi l’avvocato Luigi Chiappero, legale della Juventus. "Abbiamo chiarito che il presidente della Juventus Andrea Agnelli verrà, non lo avevamo mai dato per certo", ha detto la presidente Rosy Bindi. "Come è possibile che nessuno della società si sia chiesto chi era quel signore?", ha replicato la Bindi. "Occorre pertanto trovare gli opportuni strumenti - ha proseguito - per rendere tutti i soggetti della filiera sportiva consapevoli del rischio, e quindi attrezzati per fronteggiarlo insieme alle Istituzioni a tutela dell'intero sistema del calcio professionistico", ha spiegato Rosy Bindi appena prima di dichiarare l'intenzione di ascoltare anche Andrea Agnelli. Ci sono due telefonate tra il presidente e Alessandro D'Angelo, il security manager, e sei telefonate in cui terze persone parlano del presidente in modo irrilevante relativamente ai biglietti", ha precisato in più passaggi il legale, che ha sottolineato come Agnelli "ha cambiato completamente il modo di comportarsi della società: qualsiasi biglietto che esce dalla Juve viene acquistato dai gruppi”. Poi l'avvocato Chiappero ha aggiunto: "Pensavamo che passando dagli omaggi al tutto pagato si fosse fatto un salto enorme nella gestione della curva, questo ci consentiva di dire che non usciva niente gratis".

 


“Ci preoccupa che venga negato il fenomeno, che voi lo neghiate, il fenomeno c’è, esiste: i biglietti continuate a darglieli?”, ha quindi chiesto ad un certo punto la presidente Bindi all’avvocato, facendo riferimento alla presunta presenza della ndrangheta per la gestione delle curve.“Certo che no”, ha risposto il legale.

 

Dalle indagini della Procura di Torino nell’ambito dell’inchiesta “Alto Piemonte” è emerso che un ex capo ultras (che compare fra i 23 indagati per i quali è stato chiesto il rinvio a giudizio) avrebbe messo in contatto un componente della famiglia Dominello, Rocco Dominello, con la dirigenza della Juventus. Fu definito, secondo gli inquirenti, un vero e proprio patto: il presunto boss avrebbe fatto da portavoce ad alcuni gruppi della tifoseria organizzata, mantenendo «la pace nella curva», e in cambio avrebbe ricevuto quote di biglietti da distribuire ai supporter o da trattenere per sé e destinare al bagarinaggio. A carico della società bianconera non sono emersi reati penali ma le carte sono passate alla procura della Figc.

 

“Il fatto che anche senza Rocco Dominello le cose continuavano ad andare avanti, dimostra che la ndrangheta c’è. Ci sono intercettazioni in cui si parla di Rosarno, di capi ndranghetisti potentissimi. Cosa avete intenzione di fare? Sono contenta che non ci siano responsabilità penali, ma il fenomeno esiste, è preoccupante, nessuno può ritenersi immune da tentativi di infiltrazione dei poteri criminali“ ha incalzato la Bindi.

 

Nell'inchiesta della procura di Torino è emerso che un ex capo ultras bianconero avrebbe messo in contatto un componente della famiglia Dominello, Rocco Dominello, con la dirigenza della Juventus. Rocco Dominello è considerato dagli investigatori il rappresentante a Torino dei clan Bellocco  e Pesce di Rosarno.

Giornalista
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