“Strada del Mare” nel Vibonese: 5 indagati

Le persone coinvolte dovranno rispondere a vario titolo di truffa aggravata ai danni di ente pubblico e falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici
di Giuseppe Baglivo
22 febbraio 2017
16:58
Pizzo, un tratto dell’incompiuta Strada del Mare
Pizzo, un tratto dell’incompiuta Strada del Mare

Avviso di conclusione delle indagini preliminari della Procura di Vibo Valentia per l’inchiesta sulla “Strada del mare” scattata il 4 marzo dello scorso anno con un sequestro di beni per equivalente per l’ammontare di oltre quattro milioni di euro. L’indagine è stata chiusa dal procuratore facente funzioni, Michele Sirgiovanni, e mira a far luce su una serie di reati consumati attorno alla più cospicua opera pubblica mai pensata nella provincia di Vibo Valentia e che nelle intenzioni doveva collegare Rosarno a Pizzo passando lungo la costa vibonese.

 


Gli indagati raggiunti da avviso di conclusione delle indagini preliminari sono: l’imprenditore Vincenzo Restuccia, 76 anni, di Rombiolo, direttore tecnico delle imprese Restuccia; Antonino Scidà, 51 anni, direttore tecnico delle imprese di Restuccia; Giacomo Consoli, 65 anni, di Vibo Valentia, ex dirigente dell’ufficio Lavori Pubblici della Provincia di Vibo Valentia, Antonio Francolino, 52 anni, funzionario della Provincia e responsabile unico del procedimento per la costruzione della “Strada del Mare”, Francesco Giuseppe Teti, 65 anni, di Filogaso, ex funzionario della Provincia di Vibo Valentia.

 

Irregolarità nei lavori e nell’intera gestione dell’appalto vengono ipotizzate nell’inchiesta del pm Sirgiovanni che aveva aperto tale filone investigativo nel 2014 nell’ambito della più vasta inchiesta sull’ente Provincia. Vincenzo Restuccia è difeso dall’avvocato Giovanni Vecchio, Antonino Scidà dall’avvocato Francesco Gambardella, Francesco Giuseppe Teti dall’avvocato Giuseppe Di Renzo, Antonio Francolino e Giacomo Consoli dall’avvocato Antonello Fuscà.

 

Le accuse. Le ipotesi accusatorie partono dalla gestione della progettazione dell’opera per arrivare alla sua approvazione da parte della direzione lavori e del responsabile del procedimento. Secondo quanto accertato dalle fiamme gialle, in ben undici casi è stato dichiarato lo stato di avanzamento che ha consentito, a favore dell’impresa aggiudicataria, il pagamento di importi nettamente superiori rispetto a quelli corrispondenti al valore dei lavori effettivamente realizzati.

 

Per l’accusa, quindi, le somme dei ogni singolo Sal sarebbero state artatamente “gonfiate” concordando le percentuale da applicare di volta in volta e inserendo indebitamente lavori non previsti nel progetto iniziale, sul falso presupposto che fossero necessari per l’esecuzione a regola d’arte. Sarebbero anche emersi dei pagamenti effettuati dalla Provincia utilizzando risorse finanziare destinate ad altri fini, stornando fondi da un capitolo di bilancio all’altro. I cinque indagati devono rispondere, a vario titolo, di truffa aggravata ai danni di ente pubblico e falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici.

Gli indagati avranno ora venti giorni di tempo per chiedere al pm di essere interrogati o per presentare eventuali memorie difensive. 

 

Giuseppe Baglivo

Giornalista
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