Soldi pubblici per cene, viaggi e acquisti. A giudizio l'ex presidente del museo della 'ndrangheta

Claudio La Camera deve rispondere delle accuse di malversazione a danno dello Stato, falsità ideologica e truffa aggravata.Stralciata la posizione degli altri indagati. Per molti si profila l'archiviazione
di Redazione
8 febbraio 2017
18:28
Claudio La Camera, ex presidente del museo della ’ndrangheta
Claudio La Camera, ex presidente del museo della ’ndrangheta

Per i pubblici ministeri di Reggio Calabria ha percepito indebitamente somme per oltre 400mila euro. Soldi con i quali avrebbe dovuto finanziare attività antimafia, ma che sono stati spesi per finalità completamente diverse. Ora per lui, arriva il tempo del processo.


Il gup di Reggio Calabria, infatti, ha rinviato a giudizio Claudio La Camera, già presidente del Museo della ‘ndrangheta e consulente dell’ufficio delle nazioni unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine.



Dovrà presentarsi in tribunale il prossimo 20 aprile per rispondere delle pesanti accuse di malversazione a danno dello Stato, falsità ideologica e truffa aggravata per il conseguimento delle erogazioni pubbliche.


I soldi della collettività sarebbero finiti nelle tasche di La Camera sotto forma di finanziamenti per essere utilizzati poi per cene, taxi, auto a noleggio e viaggi a Berlino, in Messico, in Perù, a Panama e ancora Parigi, Vienna, Venezia e Roma. Senza dimenticare gli assegni intestati a giornalisti locali e nazionali, la riparazione di un’autovettura, l’acquisto di un ipad, le pinze per il bucato, articoli di modellismo e un pollo in lattice quale giocattolo per il cane.


Tutto parte da un’indagine – “Araba fenice” – che vede incrociare la figura di La Camera con il personaggio principale dell’inchiesta, Giuseppe Liuzzo. La Camera avrebbe preso da lui in affitto un appartamento. Da quelle intercettazioni, il pm Giuseppe Lombardo è partito per approfondire le vicende riguardanti il museo della ‘ndrangheta, andando a scoperchiare un pentolone inimmaginabile, considerato che l’ex presidente del Museo della ‘ndrangheta si accompagnava ad importanti esponenti della magistratura, non facendo presagire nulla di quanto a lui contestato.


La Camera avrebbe falsificato delle fatture, presentando le medesime pezze d’appoggio sia alla Provincia che alla Regione. Ed è qui che l’ex presidente del Museo della ‘ndrangheta era di casa nell’era scopellitiana. Con La Camera risulta indagata una parte della giunta di allora, assieme a tecnici e burocrati. Per loro la posizione è stata stralciata e per molti probabilmente arriverà anche l’archiviazione. Non così per l’ex paladino dell’antimafia per il quale si prospetta ora un lungo e laborioso processo davanti ai giudici del Tribunale di Reggio Calabria. Sarà lì, proprio in quei luoghi che aveva frequentato come esperto dell’antimafia che La Camera dovrà difendersi da accuse piuttosto pesanti ad oggi, ovviamente, ancora da provare.


cons. min.

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