La storia di Federica: quando una malattia ti cambia la vita

“Scopro di avere un linfoma. Inizio la chemioterapia che mi fa cadere tutti i capelli. Per mesi le mie giornate le ho trascorse sul lettino del nosocomio San Martino di Genova. Sono stati giorni in cui ho fatto i conti con me stessa, con la mia vita. Tutto ha acquisito una dimensione nuova e ho cominciato a capire cosa conta davvero”
di Rosaria Giovannone
31 gennaio 2017
14:17
Federica Centorrino
Federica Centorrino

Da quando ho conosciuto, e col dito indica il Cielo senza pronunciare parola, la mia vita è cambiata”.

 


Il dialogo si ferma. La commozione lascia spazio solo a qualche lacrima che bagna il viso di Federica Centorrino, 25 anni, di Gioia Tauro. Qualche sospiro, rialza nuovamente lo sguardo ed è pronta per ricominciare a parlare. Dai suoi occhi verdi cerulei traspaiono sensazioni e sentimenti diversi.


C’è la paura di chi teme il domani, la sensazione di isolamento, la vergogna, la perdita della propria identità precedente e la privazione del senso della vita a causa della malattia.


Federica, all’età di 21 anni, ha lottato contro il male. Questa la sua storia.


Scopro di avere un linfoma. Dopo mesi trascorsi tra una cura dermatologica e l’altra, un giorno, in ospedale, arriva la triste diagnosi. Inizio la chemioterapia che mi fa cadere tutti i capelli. Sono stata sottoposta a un trapianto di midollo e per mesi le mie giornate le ho trascorse sul lettino del nosocomio San Martino di Genova. Sono stati giorni in cui ho fatto i conti con me stessa, con la mia vita. Ho iniziato a dare un valore diverso a ciò che mi attorniava. Tutto ha acquisito una dimensione nuova e ho cominciato a capire cosa conta davvero”.


La sofferenza ha aperto nella vita di Federica squarci che le hanno permesso di guardarsi dentro da una prospettiva nuova. La malattia può rendere consapevoli. Eleva.


Sono stati anni turbolenti. Ho vissuto momenti in cui pensavo che tutto fosse perduto. Una sensazione che mi ha condotta a lasciare gli studi. Ero iscritta al secondo anno di scienze infermieristiche e mi sarebbe rimasto un anno per conseguire la laurea.


Oggi sto bene e sono sopravvissuta alla malattia. Il dono della guarigione mi ha cambiata e a testimonianza ho deciso di donarmi all’altro gratuitamente, senza ricevere nulla di materiale in cambio. Mi sono convinta sempre più di voler dare parte del mio quotidiano a chi ha bisogno. Questa consapevolezza è nata dal rapporto, sempre più intimo, che ho instaurato con Dio. Lui, ogni giorno, mi risana, mi consola, mi dà la forza di affrontare la giornata, mi sostiene. Tutto ha acquisito un significato nuovo. Il prossimo, che magari prima non vedevo o mi era indifferente, oggi è il mio tutto. Questo mi ha spinto a prodigarmi per l’altro, per l’ammalato. Con mia sorella, Carmela, decidiamo di istituire l’associazione, Le farfalle della speranza”.

 


L’aggregazione nasce da un’esigenza, da una reazione, dal bisogno di contribuire ad alleviare le sofferenze del prossimo con aiuti concreti. Le farfalle della speranza punta a sostenere tutti i malati di cancro, soprattutto le donne, e ha messo a disposizione il servizio taxi per accompagnare chi soffre agli ospedali di Reggio Calabria e Catanzaro, dove riceveranno le cure chemioterapiche o radioterapiche.


Una vocazione itinerante, un inno alla solidarietà, alla speranza ma anche la capacità di rispondere alla malattia con opere di bene.


È un servizio gratuito quello che offriamo ma ci permette di accumulare tesori laddove non si disperdono. Ci rende persone migliori, più armoniche, più soddisfatte. La malattia ha fatto nascere in me il desiderio profondo di essere diversa, di essere migliore. Posso confessarvi che l’emozione più grande l’ho provata durante il primo viaggio. Abbiamo accompagnato una donna anziana. Nei suoi occhi leggevo una profonda gratitudine che ha manifestato anche con i reiterati ringraziamenti. La donna si sarebbe dovuta alzare alle quattro del mattino per recarsi alla stazione ferroviaria e prendere il treno. Alle 8.30 avrebbe dovuto affrontare la chemioterapia e attendere il pomeriggio per poter rientrare a casa. Gli orari dei treni non le offrivano soluzioni alternative. Alla sofferenza si univa il forte disagio”, ha concluso Federica.


Oggi la neonata associazione, grazie al progetto “in viaggio con voi”, finanziato da Susan Komen Italia, potrà coprire circa cento viaggi che saranno fatti con le automobili dei volontari e i soldi saranno utilizzati solo per coprire le spese.


Dovremmo riuscire a garantire il servizio per quattro mesi circa. Il budget ricevuto non consentirà di più visto che agli utenti del servizio non chiediamo nulla”, ha affermato Carmela. Da qui l’appello della ragazza:


Le associazioni, gli ospedali, i gruppi che decidessero di promuovere le farfalle della speranza saranno ben accetti”.


L’intento è quello di raccogliere fondi solo a favore della causa. Null’altro. Federica e la sorella Carmela, se arriverà il sostegno necessario, potranno continuare ad aiutare chi ne ha bisogno. A porgere la mano al fratello sofferente, a donare una parola di conforto, a dare ristoro a questa umanità affranta dalla malattia. Ad amare senza ricevere nulla in cambio se non quella ricompensa che deriva dal donarsi interamente all’altro. 

 

Rosaria Giovannone

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