‘Ndrangheta: clan Muto di Cetraro, tutti i ruoli e le accuse messe in piedi dalla Dda

La consorteria criminale avrebbe gestito molteplici affari n tutto il Tirreno cosentino con proiezioni in Basilicata
di Giuseppe Baglivo
19 gennaio 2017
15:09

Sono 7 gli indagati raggiunti dal provvedimento di fermo di indiziato di delitto, e quindi arrestati, vergato dai pm della Dda di Catanzaro, Giovanni Bombardieri, Vincenzo Luberto, Camillo Falvo e Alessandro Prontera. Si tratta di: Angelina Corsanto, 74 anni, di Cetraro; Davide Bencardino, 47 anni, di Belvedere Marittimo (Cs); Giuseppe Antonuccio, 25 anni, di Cetraro; Giorgio Barbieri, 41 anni, di Roma; Massimo Longo, 51 anni, di Castrolibero; Mario Piromallo, detto “Renato”, 50 anni, di Cosenza; Giuseppe Caputo, 51 anni, di Cosenza.

 


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Il sodalizio, oltre che a Cetraro, avrebbe operato pure in tutto il territorio ricompreso fra i comuni di Guardia Piemontese e San Nicola Arcella, con importanti influenze lungo la fascia tirrenica lucana e nella Valle del Diano.

 

Angelina Corsanto (con il ruolo di dirigente), Davide Bencardino (con il ruolo di organizzatore), Giuseppe Antonuccio, Massimo Longo e Giorgio Barbieri, sono stati fermati per il reato di associazione mafiosa ed in particolare sono accusati di far parte del clan Muto di Cetraro, consorteria criminale al cui vertice viene collocato lo storico boss Franco Muto, detto “Il re del pesce”. Ad Angelina Corsanto, moglie di Franco Muto, viene in particolare contestato di aver diretto l’associazione mafiosa subito dopo la cattura del marito Franco Muto. Sarebbe stata proprio lei, ad avviso della Dda di Catanzaro, a detenere la c.d. “bacinella” del clan, ovvero la “cassa” con il denaro per gli affiliati e per far fronte alle spese legali degli avvocati.

 

Davide Bencardino avrebbe invece avuto il compito specifico di riscuotere pagamenti a titolo estorsivo dagli imprenditori con i quali sarebbe entrato in contatto col pretesto delle forniture di pescato.

 

Ad eseguire poi i danneggiamenti e le azioni di intimidazione, secondo le disposizioni dei “dirigenti” del clan, ci avrebbe pensato – ad avviso della Dda – Giuseppe Antonuccio.

 

I finanziatori del clan. Giorgio Barbieri, Francesca Barbieri (indagata ma non sottoposta a fermo) e Massimo Longo, secondo gli inquirenti sarebbero stati gli imprenditori di riferimento nonchè  i finanziatori della cosca Muto,  alla quale avrebbero assicurato flussi di danaro mensili provenienti dalle attività imprenditoriali gestite in modo confacente agli interessi del clan, quali  la discoteca “Il Castello Music Club” di Sangineto, la sala-giochi “Sala Slot 6” (Clogo Srl) e l’Hotel delle Stelle.

 

Mario Piromallo e Giuseppe Caputo sono infine accusati di tentata estorsione, aggravata dalle modalità mafiose. Si sarebbero presentati nel luglio scorso quali responsabili della ‘ndrangheta cosentina a Massimo Longo, ritenuto uomo di fiducia dell’imprenditore Giorgio Barbieri, ed a Franco Gelsomino, autista di Barbieri, chiedendo somme di denaro per i lavori che la “Barbieri Costruzioni srl” stava eseguendo a Cosenza in piazza Bilotti. L’estorsione sarebbe stata portata a termine, secondo i pm antimafia, solo grazie all’intervento di Giorgio Morabito e Franco Muto, esponenti di vertice dei rispettivi clan. 

 

Giuseppe Baglivo

Giornalista
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