“Caso Fallara”, la sentenza che segnò la storia politica di una Regione

La sentenza che in primo grado aveva condannato l’ex governatore Giuseppe Scopelliti in primo grado, a sei anni, aveva segnato la sua fuoriuscita dall’agone politica e, come conseguenza diretta, portato sull’orlo dello sfascio il centrodestra calabrese che non ha più avuto un vero leader
di Riccardo Tripepi
17 novembre 2016
21:39

La riapertura dell’istruttoria dibattimentale nell’ambito del processo Fallara segna un punto per le difese dell’ex governatore Giuseppe Scopelliti che solo dalla Corte d’Appello potrebbe riavere una piena riabilitazione politica. Con un’assoluzione, naturalmente, e non con un’eventuale prescrizione di cui qualcuno comincia a discettare.

 


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La sentenza che in primo grado lo aveva condannato in primo grado, a sei anni di reclusione, aveva segnato la sua fuoriuscita dall’agone politica e, come conseguenza diretta, ha portato sull’orlo dello sfascio il centrodestra calabrese che non ha più avuto un vero leader.


Scopelliti, dopo il verdetto del Tribunale reggino, aveva deciso di agire in maniera diversa da suoi colleghi come Luigi De Magistris a Napoli che avevano deciso di attendere le decadenze previste dalla legge Severino, senza formalizzare le dimissioni.
L’ex sindaco di Reggio, non dando ascolto ai big della sua coalizione, ha deciso di dimettersi dalla carica di presidente della giunta, determinando la chiusura anticipata della legislatura e un terremoto nel centrodestra calabrese.


Il governatore, dimesso, decise poi di partecipare alle elezioni europee nelle liste del Nuovo Centrodestra per dare un’ennesima dimostrazione di forza, ma non riuscì a centrare il seggio. I fratelli Gentile, che fino all’ultimo lo avevano pregato di non dimettersi, gliela fecero pagare facendo votare a Cosenza un certo Picone, abruzzese, che gli strappò l’elezione.


Da allora Scopelliti è rimasto fuori dalla politica se non con qualche incursione e con il tentativo di crearsi uno spazio all’interno di Azione Nazionale dove ha spedito il delfino Fausto Orsomarso, tra i pochi ad essergli rimasto fedele.


Ed il centrodestra, senza di lui, da macchina invincibile si è trasformato in un’armata brancaleone che è stata surclassata da Mario Oliverio alle elezioni del 2014 e che, ancora oggi, non è riuscita a rimettersi in piedi. Gli stessi fratelli Gentile, con il Nuovo Centrodestra di Alfano, per continuare ad avere un posto al sole hanno dovuto accettare la virata verso il Pd a livello nazionale, con Tonino diventato anche sottosegretario del governo Renzi, e ricavarsi un ruolo da stampella di Oliverio a livello regionale. Centrando anche qui ottimi risultati con l’altro fratello Pino eletto vicepresidente di minoranza del Consiglio, con i voti determinanti del centrosinistra, e piazzando Baldo Esposito alla presidenza della Commissione “Riforme”, creata ad hoc per gli alfaniani.


Per il resto, il vuoto assoluto. Soprattutto nella sua Reggio Calabria che, dopo oltre dieci anni, è tornata al centrosinistra con distacco abissale, ancora lontanissimo dall’essere colmato. Tanto che gli unici fermenti di vita, anche all’interno di Forza Italia, arrivano dal nord della Calabria e da Cosenza dove con la rielezione di Mario Occhiuto alle ultime comunali c’è stato qualche timido segnale di ripresa. Mai come in questo caso una sentenza ha segnato e cambiato la storia politica di una Regione.

 

Riccardo Tripepi

 

Giornalista
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