Maria Carmela Lanzetta, ritratto di una donna lasciata sola

Quando in un’intervista al Corriere della Sera, alla domanda del cronista “Paura di altri attentanti?”, Maria Carmela Lanzetta rispose “No. Ma in Calabria, sa, c’è qualcosa di peggio: la fatica di vivere ogni giorno”.
di Angelo De Luca
21 ottobre 2016
17:00
foto Corriere.it
foto Corriere.it

Quando in un’intervista del 28 gennaio 2015, alla domanda del cronista del Corriere della Sera “Paura di altri attentanti?”, Maria Carmela Lanzetta rispose “No. Ma in Calabria, sa, c’è qualcosa di peggio: la fatica di vivere ogni giorno”, ancora l’operazione “Confine 2” di ieri a Monasterace non era forse nemmeno nell’immaginario della Procura. Anzi, Maria Carmela Lanzetta aveva appena finito la sua esperienza da ministro ed era stata invitata da Mario Oliverio, fresco di vittoria in Regione, per fare l’assessora. Invito prontamente declinato con la giustificazione “Io con quello seduto di fianco non ci sto”. “Quello” era Nino De Gaetano, personaggio politico ed ex comunista nell'occhio del ciclone in provincia di Reggio Calabria per un presunto appoggio elettorale, seppur mai oggetto di ulteriori approfondimenti giudiziari, ottenuto dai clan. Infatti, seppur lo stesso De Gaetano non fosse gravato da nessuna pendenza giudiziaria di questo livello, è altresì particolare il ritrovamento di pacchi di santini elettorali nella casa della nota famiglia mafiosa dei Tegano. Tanto bastò alla Lanzetta per rifiutare l’offerta. Che già di per se, in una terra dagli incarichi facili e ben pagati, è un gesto rivoluzionario. “Torno a fare la farmacista al mio paese”, tagliò corto in quell’intervista l’ex sindaca. Già, la farmacista nel paese dei Ruga. Nel paese in cui la sua vita fu per anni resa impossibile dai tentativi di ingerenze mafiose nella vita pubblica e amministrativa del comune da lei guidato e di minacce esplicitate da diversi attentati alla sua vita privata.

 


Maria Carmela Lanzetta ha un colpa: essere taciturna, quasi invisibile. Un imperdonabile atteggiamento che in politica viene spesso visto, e scambiato, con disinteresse nei confronti della “cosa pubblica”. La gente comune, così come gli osservatori politici, ama i personaggi sorridenti, belli, affabulatori e conturbanti. In Calabria, poi, la sua figura è spesso vista come “l’arrivista di turno”, la più classica delle preferite, benedette e privilegiate dai potenti. E’ questa l’immagine che si ha di una donna onesta, di una donna che risponde solo se interrogata, senza esagerazioni e sproloqui vari. Non si sa se come prima cittadina di Monasterace fece l’impossibile per contrastare lo strapotere di un uomo, Giuseppe Cosimo Ruga, oggi accusato di aver addirittura ucciso il fratello, ma di certo il possibile lo ha tentato, costituendosi parte civile in alcuni processi contro le cosche. E si sa quanto dia fastidio ai boss tale provvedimento.

 

Non è un mistero, alla Lanzetta gliene hanno dette di tutti i colori. Qualcuno ha avuto pure modo di obiettare sugli stivali indossati giorno della presentazione della squadra di governo presentata da Matteo Renzi. Vestita da donna normale, sfigurava troppo al fianco di Maria Elena Boschi in tailleur blu e di Marianna Madia.

 

Un certo Nino Spirlì, conosciuto ai più per aver scritto un libro “Diario di una vecchia checca”, arrivò persino a dire che “sarebbe stato meglio scegliere Cicciolina Staller, almeno avrebbe avuto una propria peculiarità, dimostrata in anni di intensa e sentita carriera. Anche politica”. Stessa cosa dicasi per il politico dei selfie Franco Laratta, che dopo il “no” alla giunta con tanto di vada retro per la presenza scomoda di De Gaetano, ebbe a dire che la Lanzetta “non può personalizzare un questione privata perché fa fare brutta figura alla Calabria”. Molti altri la trattarono come una donna in cerca di sola visibilità, una di quelle che gioca al vittimismo per ottenere consenso e qualche posto in paradiso. Molti uomini e molte donne che al contrario avrebbero dovuta difenderla, specie quando da falsi profili la Lanzetta veniva pesantemente vessata e ingiuriata dai sodali del clan Ruga.

 

Adesso, conoscendo veramente l’odio mafioso nei suoi confronti ("andrebbe sotterrata viva", per esempio) e venendo a sapere dalle carte giudiziarie che la sua umile paura aveva motivo di esistere, nessuno deve sentirsi nel dovere di chiederle scusa. Però un esame di coscienza dovrebbe farselo. E ripetere: “Ma questa ‘ndrangheta l’ho mai vista in faccia per capire che sapore ha?". 

 

Angelo De Luca

Giornalista
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