Casa del sesso nel club privato, indagini chiuse per 13 indagati

“Reggioland”, tutti devono rispondere, a vario titolo, di favoreggiamento della prostituzione. Filone ancora aperto per i principali protagonisti che gestivano l'attività di meretricio. Organizzavano addii al celibato e altri spettacoli anche in locali pubblici o dimore private
14 ottobre 2016
18:36

Fra loro ci sono molti giovani che hanno pensato di organizzare degli “addii al celibato” con sorpresa, per il prossimo sposo. Una sorpresa sin troppo “hot” che ora potrebbe costare molto cara. Sono state chiuse, infatti, le indagini per un troncone di indagati dell’inchiesta “Reggioland”. Sono in tutto tredici le persone alle quali è stato notificato nei giorni scorsi l’avviso di chiusura.

 


Erano stati i carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria, nel marzo di quest’anno, a far luce su un giro di prostituzione proliferante all’interno di un club sito sulla via Reggio Campi, zona alta della città. I militari, infatti, avevano scoperto un circolo privato, all’interno del quale non venivano espletate solo le attività consentite dalla legge, ma si era creata – secondo l’accusa – una casa d’appuntamenti, con tanto di reclutamento di giovani prostitute che esercitavano fra le mura del club o anche in locali pubblici o in dimore private.

 

All’epoca furono emesse in tutto 12 misure cautelari, fra custodia in carcere, ai domiciliari e obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Adesso, mentre per coloro che sono accusati di associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione si procede separatamente, con indagini ancora in corso, per gli altri che rispondono, a vario titolo, solo di favoreggiamento, è arrivata la chiusura delle indagini. Si tratta di: Marialaura Quadro (21 anni), Cristina Bellassai (27 anni), Antonello Azzarà (29 anni), Matteo Delfino (26 anni), Franco Frascà (46 anni), Gianluca Pizzi (40 anni), Cristian Oppedisano (25 anni), Santo Macheda (31 anni), Bruno Toscano (28 anni), Pietro Barillà (39 anni), Alfio Morello (32 anni), Leo Sidari (33 anni), Mario Scaramozzino (56 anni).

 

Per loro, adesso, ci saranno 20 giorni di tempo, dal giorno della notifica, per presentare memorie o farsi interrogare. Poi quasi certamente scatterà per tutti la richiesta di rinvio a giudizio, da parte della Procura della Repubblica reggina.

 

Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, il ruolo principale nell’associazione è quello rivestito da Francesco Alati, che, in qualità di fondatore, promotore ed organizzatore, si occupava organizzare e dirigere la casa di tolleranza, prendere i contatti con i clienti per le serate “a domicilio”, reclutare prostitute, organizzarne il lavoro ed accertarsi che le stesse non avessero rapporti “affettivi” con i clienti. Con la sua onnipresenza tutelava le donne che si prostituivano, così evitando problemi o rischi per la loro sicurezza personale. Infine, incassava i guadagni, retribuendo il lavoro delle donne e dividendo gli utili. Alati era costantemente coadiuvato dalla moglie Gregoria Logoteta, la quale teneva i contatti con le prostitute, reclutandole ed organizzando le serate, nonché sovraintendendo al buon andamento della casa ed accompagnando le ragazze alle serate esterne.

 

Un dipendente “a tempo pieno” dell’associazione era sicuramente Marco Toscano incaricato di andare a prendere al porto di Villa San Giovanni le prostitute provenienti dalla Sicilia, nonché di “recuperare” i clienti che non riuscivano a trovare la strada, sostituendo all’occorrenza alla reception Alati e scortando le ragazze nei servizi “a domicilio”.

 

Francesco Armandini e Paolo Lombardo coadiuvavano genericamente l’Alati nella gestione della casa, anche sostituendolo in caso di assenza, così distinguendosi quali uomini di fiducia. Il disegno criminoso messo in atto dall’associazione era principalmente basato sull’esercizio di una casa di prostituzione, il cui punto di forza era rappresentato dalla vasta gamma di offerte sia in termini di tipologia di prestazioni che di ragazze. In linea di massima, le serate organizzate dall’Alati e pubblicizzate alla clientela via sms, si svolgevano due volte a settimana dalle 22.00 in poi. Inoltre, era possibile “prenotare” delle prestazioni sessuali a pagamento su appuntamento anche in orario diurno durante l’arco settimanale. I carabinieri hanno appurato che, nella casa di prostituzione, esercitavano il meretricio 11 donne dell’età compresa tra i 20 e i 50 anni. (c. m.)

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