Un ripostiglio fra camera da letto e bagno: così hanno catturato Antonio Pelle -VIDEO

I dettagli dell'arresto del latitante nelle parole del capo della Squadra mobile Rattà: «Ore di ricerche. L'ingresso era come una cassaforte». Il procuratore Cafiero de Raho: «Operazione riservatissima. I cittadini ora abbiano fiducia»
di Consolato Minniti
5 ottobre 2016
14:33

Non ha opposto resistenza, anche perché 50 poliziotti avevano già cinturato la sua abitazione. È finita in contrada Ricciolio di Benestare, la latitanza di Antonio Pelle “La Mamma”, alla macchia dal 2011 e con 20 anni di carcere da scontare per associazione mafiosa, coltivazione illecita di stupefacenti, ricettazione e detenzione abusiva di armi e munizioni.

 


A queste accuse, proprio da 2011, si è aggiunta anche quella di evasione.

 

Esperto di fughe. Sì, perché la storia di Pelle è degna della pellicola di un film: dopo essere stato latitante per più di un anno, nel 2007 (operazione “Fehida”), nell’ottobre del 2008 la Squadra mobile reggina e gli uomini dello Sco lo rintracciarono in un bunker sotterraneo ad Ardore Marina, nella Locride. Nel marzo 2009, Pelle fu condannato a 13 anni di reclusione dal gup di Reggio Calabria. Due anni dopo, ecco la grande strategia: la Corte d’Appello di Reggio Calabria, dopo aver nominato dei periti, gli concesse gli arresti domiciliari. La perizia, infatti, stabilì l’incompatibilità dell’uomo con il regime carcerario, per una grave forma di anoressia, sopraggiunta ad una prima anoressia autodeterminata dal rifiuto volontario di assumere cibo, tanto grave al punto che Pelle presenziò a diverse udienze in barella, per poi essere trasportato d’urgenza all’ospedale di Locri, da cui fuggì. Si capì, però, che quella messa a punto dal boss era una strategia ben precisa. Furono le intercettazioni a svelare l’intento di assumere medicinali dimagranti, ottenuti probabilmente grazie a qualcuno di compiacente all’interno del carcere dove si trovava rinchiuso.

 

Sta di fatto che, per ben quattro anni, Pelle è rimasto un vero e proprio fantasma, nonostante polizia e carabinieri lo cercassero in ogni dove. Ed invece “La Mamma” era all’interno della sua abitazione. L’hanno compreso gli uomini guidati da Francesco Rattà, i quali hanno monitorato per molto tempo tutti gli spostamenti dei soggetti vicini a Pelle.

 

Il blitz. «Le cosche della jonica – ha affermato Rattà – sono abilissime nella costruzione dei bunker, ma qui ci troviamo di fronte a qualcosa di più. Si tratta di un nascondiglio realizzato tra una stanza da letto e un bagno, quasi all’altezza del soffitto sopra un armadio». Il capo della Squadra mobile prosegue nel suo racconto dei momenti della cattura: «Siamo intervenuti in cinquanta, insieme ai colleghi dello Sco e della polizia scientifica di Roma, e, dopo diverse ore di ricerche siamo riusciti ad individuare questa apertura, mimetizzata nella parete coperta da carte da parati, che è del tutto analoga all’apertura di una cassaforte per uso domestico. Pelle riusciva ad infilarsi in uno sgabuzzino realizzato in orizzontale, con all’interno una brandina ed altri elementi ora al vaglio della polizia scientifica».

 

Chi è la “Mamma”? Come ricordato anche dal procuratore capo di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, Antonio Pelle è il capo dello schieramento criminale Pelle-Vottari, che commise l’omicidio di Maria Strangio, nel giorno di Natale del 2006, nell’ambito di quella conosciuta come la faida di San Luca, scontro poi culminato nell’ormai nota strage di Duisburg, in Germania, in cui furono uccisi sei presunti affiliati della ‘ndrina Pelle-Vottari.

 

Notizie più che riservate. Ma l’elemento su cui si è soffermato maggiormente il procuratore Cafiero de Raho, dopo i complimenti al questore Raffaele Grassi, è quello relativo alla segretezza delle indagini della Dda di Reggio Calabria e delle forze dell’ordine: «Credo che da fatti come questi – ha spiegato Cafiero – si possa desumere come nella provincia di Reggio Calabria si muova una “squadra Stato” impermeabile a qualsiasi condizionamento, con grande tenuta per quanto riguarda la riservatezza delle notizie. Per essere in casa, Pelle non poteva sospettare neanche lontanamente che fossimo vicini al suo arresto. Da qui il cittadino deve trarre un’ulteriore spinta a reagire. Se la “squadra Stato” arriva a questi risultati non si può essere inermi o inerti, ma fare quei passi che consentirebbero allo Stato di annientare definitivamente la ‘ndrangheta».

 

Il video della cattura:

Giornalista
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