“Canale dei veleni”, la scoperta della convenzione Iam misteriosamente tardiva

La società che doveva pulire la condotta era obbligata sin dal 2002, ma la Regione l’ha intimata solo dopo gli sversamenti illeciti e la tracimazione in mare dei liquami
di Agostino Pantano
29 settembre 2016
19:01

L’ordine di servizio per pulire la foce del “canale dei veleni”, perentorio, veemente e piuttosto a sorpresa, ha una base giuridica tutt’altro che nuova e colpevolmente trascurata fin qui dalla Regione.

 


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La convenzione che affida all’azienda Iam la gestione e manutenzione dell’opera ora inquinata, infatti, risale al 2002 ed era abbondantemente conosciuta prima dell’emergenza ambientale scoppiata nell’area portuale-industriale di Gioia Tauro il 7 agosto scorso. L’assessore Antonella Rizzo, che nella riunione di lunedì del Tavolo tecnico ha imposto alla Società per azioni di occuparsi degli interventi, è arrivata a questa soluzione drastica – nel vivo di una prolungata querelle in cui ha usato anche espressioni forti come “speculazione e speculatori” – dopo aver constatato, a proposito del lungo rimpallo di responsabilità fra gli enti, che «fin qui abbiamo buttato i soldi dalla finestra».

 

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Ci sono obblighi precisi in capo alla Spa che, oltre a gestire il megadepuratore di Gioia Tauro, ha avuto affidata la manutenzione delle reti fognarie delle due zone industriali, grazie ad una convenzione firmata l’1 luglio 2002 dal vicecommissario del Consorzio Asi – Domenico Ventre, in rappresentanza del soggetto concedente – e dal presidente della Iam, Giuseppe Fragomeni, in quell’occasione al vertice della società concessionaria ma, fino a poco prima, al vertice dell’ente subregionale per l’industrializzazione dell’area.
È utile sviscerare i 18 articoli che compongono il documento, per tentare di spiegare come mai – a distanza di oltre 3 mesi e dopo che almeno in 3 occasioni i rifiuti speciali sono finiti in mare – solo in questi giorni sia stato deciso questo giro di vite per “ordinare” a Iam ed ex Asi di rispettare gli accordi.


«La società concessionaria – si legge nella convenzione – assume l’obbligo di gestire i beni realizzati dal Consorzio concedente», tra cui «reti acque nere e tecnologiche e reti acque meteoriche». Un vincolo, una responsabilità, a cui la società mista pubblico privato si sarebbe sottratta – da qui la necessità di impartire un ordine di servizio – assieme all’altro «onere della manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti». Nello stucchevole balletto fra enti, andato in scena quest’estate, a lungo la Iam si è sentita esentata considerando inquinata solamente la foce del canale, che si trova sulla spiaggia aperta ovvero in una zona di competenza dell’area portuale. La radiografia che è stata possibile scattare all’intera condotta lunga oltre 4 km, invece, ha consentito di dimostrare come l’inquinamento riguardi tutta la parte terminale del canale, negli anni mai sottoposta ad un’opera di pulizia.

 

Agostino Pantano

Giornalista
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