Cronaca di una Chaouqui annunciata

Martire o colpevole? Un pomeriggio con la ribattezzata 'Papessa calabrese', tra auto assoluzioni, potere e gravidanza.
di Angelo De Luca
8 gennaio 2016
15:48

Davanti la sede della conferenza c’è un uomo del paese. Parla con i fotografi in attesa e detta i tempi. Chiaramente lo fa in maniera spassionata e volontaria. Per lui questa è una bella occasione per parlare, spiegare, mostrare e mostrarsi. “Quelle due donne che stanno arrivando a piedi sono la madre e la nonna di Francesca”, dice sottovoce ad uno dei fotografi. “Però aspetta a fare le foto, vado a vedere da vicino se sono davvero loro”. Un modo come un altro per dire “riprendi pure me”.

 


E’ una giornata importante per San Sosti e per l’occasione, sopra le montagne del piccolo paese cosentino, c’è pure la neve. C’è il servizio di sicurezza, dai vigili urbani alla Protezione civile. Più dei body-guard personali.

 

La piccola sala allestita in un pub è gremita di telecamere e fotocamere, di giornalisti e operatori, di persone amiche e curiosi che – sostengono – di conoscere Francesca solo per “sentito dire”. Il che, da San Sosti (2000 abitanti) è già una notizia.
Fuori c’è un fonico. Dice di lavorare per il gruppo Mediaset. “Ah, bene – domanda qualcuno – jamu ddà Barbara D’Ursu?”. No, era fonico per il programma di Rete4 “Miracoli”. Gli scherzi del destino…

 

HARLEY-DAVIDSON, GONNA E STIVALI

Sono quasi le 17 e Francesca è in ritardo. Ovviamente un ritardo calcolato, pensato, voluto. Ecco il primo coupe de theatre: Harley-Davidson, stivaletto e gonna, caschetto semi-integrale, occhiali da sole. Parte la musica di Fiorella Mannoia “Io non ho paura”. Si aprono le porte e Francesca entra tra gli applausi.

 

Intanto dallo schermo dietro di lei partono pure le immagini, le sue immagini, con le esperienze di vita vissuta. Africa, soprattutto. Bambini deformati abbracciati a lei, madri del deserto a fianco a lei, villaggi e campi profughi, impegni vari e mission umanitarie. Tutto chiaramente costruito ad arte, senza capire se sia più un messaggio ai suoi compaesani o ai giornalisti presenti, che tutto possono essere meno che ingenui e poco maliziosi. L’effetto “bellezza” non colpisce, com’è giusto che sia, l’umore dei colleghi. Chi è andato fino a San Sosti lo ha fatto per conoscere una sua legittima versione dei fatti, seppur in pochi credono alla sua totale estraneità. La sua amica di fianco legge la solita manfrina sdolcinata, carica di retorica e perbenismo, assumendosi la responsabilità di chiedere personalmente la grazia al Papa perché “Francesca non lo farà mai”.

 

SENTIMENTO POCO, POLITICA TANTA...

Ed ecco finalmente la protagonista: Francesca Immacolata Chaouqui. Il suo primo pensiero è una puntualizzazione chilometrica: il significato della lettera polemica ai calabresi scritta dopo la morte di Fabiana Luzzi. Ci tiene a precisare alcune cose: attaccamento alle sue radici, lotta per l’uguaglianza tra sessi, orgoglio perduto, capacità di lottare, apprezzamento dell’esistente, sfida alla “ndrangata”. Più che sentimentale, pare un discorso politico. Tant’è che poi l’inviato de “La Stampa” glielo chiederà: “No, io non mi presenterò mai ad elezioni qui!”.

 

Da comunicatrice quale lei si definisce, utilizza una tattica vecchio stampo: sfinire i partecipanti. L’autoassoluzione parte da lontano, molto lontano. La sua famiglia, le sue radici, la sua formazione. Esperienze umane, è innegabile, la Chaouqui ne può contare parecchie. Non è l’ultima arrivata. Ma astuzia e amicizie giuste altrettante. Che poi diventeranno l’inizio della fine. Da Luigi (chiamato Gigi) Bisignani, passando per Paolo Berlusconi e importanti uomini di Chiesa, arrivando fino al comandante delle Guardie svizzere Giani. Insomma, Francesca Immacolata Chaouqui è tutto meno che una sprovveduta senza gloria. A lei, oggi, fa più comodo certamente dire il contrario. “Sono io veramente il problema?”, si chiede. “Sono imputata in un processo senza prove e se sarò condannata subirò una pena da innocente”. Politica, dunque. Ancora politica. Perché la Chaouqui si sente agnello in mezzo ai lupi cattivi, capaci di farla fuori per motivi di potere come nelle più classiche delle “spy” storie a certi livelli. “Sono stata chiamata direttamente da Papa Francesco, che ha bypassato il solito protocollo di consultazioni, per riordinare e riformare un settore specifico della Santa Sede. Ho lavorato giorno e notte, ho addirittura imparato tutto a memoria in modo che quando presentavo le mie proposte le stesse non venissero cambiate. Uno di questi era la creazione del Vatican Media Center, cosa che poi è avvenuta con tutti gli attuali 5 membri intercettati da me”. Ergo, al netto di queste considerazioni, si schiarisce la posizione della Chaouqui: donna intelligente, ma donna di potere. “Credete che se avessi voluto un posto in Curia non l’avrei ottenuto?” Già…

 

IL PAPA? INFORMATO MALE. BALDA? UN UBRIACONE...

Ma lo stesso Papa, che prima l’ha voluta e poi l’ha scaricata, giudicandola “un errore”, è sempre nel suo cuore, nelle sue grazie. “Il Papa è stato informato male”, taglia corto sul fatto la Chaouqui. Sa bene, anche se non lo dice, che il Papa è tutto men che un ingenuo e men che una persona facilmente influenzabile da giudizi espressi en passant.

 

La conferenza fiume va avanti, la protagonista indiscussa parla molto e difende tutti, Bertone e super attico compreso, super stanze cardinalizie da 400 metri quadrati, Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi. Tutto e tutti tranne monsignor Vallejo Balda. Lui, il testimone chiave, l’accusatore. Lo demolisce sul piano morale e umano, parlando del presule come “un uomo scollato dalla realtà”, un “ubriacone che andava nei locali di Roma togliendosi le scarpe”, talmente instabile mentalmente da “andare al Vaticano vestito con la mimetica”.
“Non voglio partorire in carcere”, ha poi commentato la Chaouqui. Lei, incinta del piccolo Pietro, che forse – qualora verrà condannata – non passerà nemmeno un’ora in gattabuia. Ma l’effetto gravidanza, si sa, ha sempre il suo bell’effetto sull’opinione pubblica.

 

E Francesca Immacolata Chaouqui ha deciso di giocarsi ogni carta. Compreso quel “io so che tu sai”, riferito al segreto di Stato che, seppur non vuole rivelare, ha sottolineato scadrà tra 8 mesi. Chiaro e conciso.

 

Angelo De Luca

Giornalista
GUARDA I NOSTRI LIVE STREAM
Guarda lo streaming live del nostro canale all news Guarda lo streaming di LaC Tv Ascola LaC Radio
top