Vatileaks 2, Chaouqui: ‘Il mio obiettivo era aiutare il Papa, non avere un posto in Curia’

Si è svolta ieri a San Sosti la conferenza stampa convocata da Francesca Immacolata Chaouqui, imputata per sottrazione e diffusione di carte riservate nell'inchiesta Vatileaks 2: ‘Non ci sono prove contro di me’
di Redazione
8 gennaio 2016
08:08

"Sono imputata in un processo senza prove. Non c'è traccia di una prova nel fascicolo che io abbia consegnato documenti a Nuzzi e Fittipaldi".


Sono queste le prime dichiarazioni di Francesca Immacolata Chaouqui, la pr calabrese imputata in Vaticano per la sottrazione e diffusione di carte riservate nell'inchiesta "Vatileaks 2", durante la conferenza stampa convocata in Calabria ieri a San Sosti per chiarire la sua posizione.



"Le uniche prove di accusa - ha proseguito - sono il memoriale di mons. Balda, che scrive alla Segreteria di Stato nel mese di giugno mettendoli in guardia su di me, lo stesso giorno ha incontrato Nuzzi per consegnargli documenti alla mattina mentre nel pomeriggio ha chiamato Fittipaldi per farsi riconsegnare documenti che gli aveva dato in visione".


"Balda vedeva cose che non vedeva, era completamente scollato dalla realtà". Francesca Immacolata Chaoqui ha parlato del segretario della commissione della quale faceva parte raccontando di avergli consigliato una perizia psichiatrica perché non era più mentalmente stabile.


'Il mio obiettivo era aiutare il Papa' - "Il mio problema era aiutare il Santo Padre, non avere un posto in Curia. Da me non si saprà mai nulla delle conversazioni avute con il Papa o degli atti che ho avuto e letto. Non tradirò mai il mio segreto di Stato, anche se mio figlio dovesse nascere in carcere”.


'Amo la mia terra' - "Non ho mai dimenticato il mio paese. Da qui parte tutto, la mia famiglia, le mie radici e soprattutto la mia fede grazie alla Madonna del Pettoruto. Sono stata accusata - ha aggiunto Chaouqui - di rinnegare la mia terra, ma in realtà, seppur duramente, la mia volontà era di aprire un dibattito e questo mio pensiero, espresso in una lettera al 'Corriere' dopo la morte di Fabiana Luzzi, è stato frainteso ed etichettato come volontà di non amare la mia terra. Questo era un punto che volevo chiarire: amo la mia terra e qui in futuro tornerò a vivere".

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